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Margelletti, "nessuna pace in Ucraina": quando si allarga il conflitto

 Andrea Margelletti

Mirko Molteni
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Dietro la facciata di una proposta di pace, l'incontro a Mosca fra i presidenti russo Vladimir Putin e cinese Xi Jinping conferma la serrata competizione per l'influenza geopolitica sul globo. Ne abbiamo parlato con l'esperto di strategia Andrea Margelletti, presidente del CESI (Centro Studi Internazionali) di Roma.

Prof. Margelletti, cosa aspettarsi dai colloqui Putin-Xi?
«Il rapporto fra Russia e Cina è fitto dai tempi di Stalin e Mao. Ebbe periodi di crisi, infatti negli anni Sessanta si spararono addosso lungo i confini siberiani, ma in seguito s'è ricomposto con rapporti di forza ribaltati. In passato era la Russia, allora Unione Sovietica, il soggetto più forte, ora lo è la Cina. Non è un matrimonio d'amore, ma di interessi, poiché a Pechino preme allargare la sua influenza all’Europa e accreditarsi come l’autentico competitore degli Stati Uniti».

Ma il piano di pace di Pechino è credibile?
«Quello cinese non è un vero piano di pace. È fumoso, non è strutturato, non ci sono timeline. È solo una dichiarazione d’intenti per convincere Mosca e Kiev a parlarsi fra loro. Si prospetta un colloquio videotelefonico fra Xi e il presidente ucraino Volodymir Zelensky. Ma alla Cina interessa l'Ucraina per il business della ricostruzione»

Allora l’Ucraina potrebbe diventare un terreno conteso fra l’Unione Europea, da una parte, e la Via della Seta cinese, dall’altra?
«Concordo con questa analisi poiché la Cina è interessata certamente ad ampliare gli sbocchi delle sue vie commerciali in Europa. Lo scorso anno gli è andata male con le repubbliche baltiche, che dissero “no” alla Via della Seta, potrebbe riprovarci con l'Ucraina».

È possibile che Putin stia in realtà usando i cinesi per convincere l’America ad ammorbidirsi con la Russia?
«Questa interpretazione potrebbe essere plausibile, a mio parere, se fossimo ancora negli anni Novanta. Ma oggi con i più recenti progressi tecnologici d'intelligence e con le intercettazioni di informazioni a tutti i livelli, credo che sia troppo difficile orchestrare dei bluff. Se io riesco leggere la corrispondenza diplomatica riservata delle potenze rivali, questi giochi non riescono».

A parte l'iniziativa cinese, s'intravedono altre ipotesi di mediazione?
«Non si vedono all'orizzonte piani di pace credibili. Dipende tutto dalla volontà della Russia e solo da quella. Un piano di pace ha concrete possibilità di riuscita solo se viene proposto dall'attaccante, che a un certo punto decide di finire la guerra, e non dall'attaccato, che giustamente si sta difendendo. Ma il governo di Mosca non ha alcuna volontà di dialogo e di pace in questo momento».

La guerra è in fase di stallo e il capo di Stato Maggiore Usa, generale Mark Milley, ammette che né la Russia, né l'Ucraina sembrano in grado di raggiungere i rispettivi obbiettivi. Che ne pensa?
«È vero, ma consideriamo come tutti si chiedano “quando” finirà la guerra, e non 'chi' vincerà. In Occidente, abituati alla velocità delle connessioni internet e dell'economia, siamo dominati dalla smania della velocità. Vorremmo che anche la guerra finisse in fretta, ma non è così. Potrebbe durare ancora due anni, forse 20 anni! I concetti di vittoria sono diversi. Per l'Ucraina vincere significa non perdere, ma perla Russia potrebbe significare arrivare coi tank a Kiev. E Mosca spera proprio che, più si allungano i tempi, più i paesi occidentali si “scoccino” di sostenere le forze ucraine. Se ciò accadesse, senza aiuti americani ed europei, l'Ucraina si arrenderebbe nel giro di un mese. È necessario continuare ad aiutare gli ucraini, finchè sarà l'attaccante, cioè la Russia, a volere la pace».

Col prolungarsi della guerra, quanto è probabile il rischio di escalation Russia-Nato?
«Io ho sempre detto che è probabile che l'allargamento della guerra a seguito di incidenti militari tra Russia e Nato, soprattutto in campo navale e aereo. Ciò può essere facilitato dalle lotte politiche intestine a Mosca, tra falchi e super-falchi, specie i generali che vogliono aumentare l'aggressività. In questo quadro, bene ha fatto il nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, a richiedere ulteriori investimenti per le forze armate italiane, per aumentare le difese del nostro paese».

Mentre Xi sbarcava a Mosca, il premier giapponese Fumio Kishida visitava Kiev e il ministro degli Esteri di Taiwan, Joseph Wu, reputava assurdo considerare mediatore di pace una Cina che vuole invadere la sua isola. Quanto sono legate le crisi in Ucraina e nel Pacifico?
«I cinesi prima o poi proveranno a prendere Taiwan. Ma anche se le due crisi, Ucraina e Taiwan, sono slegate, possono risultare intrecciate da una sfera di opportunità. Cioè, la Cina, notando che gli Usa sono sempre più distratti dalla Russia in Europa, può vedere aprirsi una finestra di opportunità tale da convincerla a tentare l'invasione dell'isola. È vero che recenti analisi parlano del 2027 come orizzonte in cui le forze cinesi sarebbero pronte allo sbarco, ma, da un lato Pechino potrebbe decidere di anticipare l’attacco, oppure la guerra in Ucraina potrebbe essere ancora in atto fra tre anni».

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