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Belgio? Terroristi islamici e pedofili assassini: dove l'orrore è di casa

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Klara Murnau
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Anni fa un amico inglese si divertiva a fare un gioco bislacco in cui praticamente nessuno riusciva a vincere: «Nomina 5 Belgi in 5 minuti». A parer suo la domanda risultava spassosa a causa della fama davvero misera che questo Stato aveva fuori dai suoi confini. Io al tempo ne menzionai solo 3: Poirot (personaggio fittizio), Rubens (tra l’altro nato in Germania) e Dutroux (pedofilo e serial killer). E ci riuscii solo perché nel 1997 mi trovavo a Charleroi, non lontano tra l’altro da quella Marcinelle dove si svolsero i terribili fatti che ancora oggi gettano onta sulle istituzioni del Paese.

Qualche anno dopo grazie ai tre treni che mi portarono dalla Francia all’Olanda dove rimasi per un po’-, sono riuscita a visitare le tre aree linguistiche del Paese che formano le sue altrettante piuttosto variegate identità: Fiandre (Fiammingo, una variazione di olandese non riconosciuta ufficialmente come lingua), Vallonia (Francese), Ostbelgien (Tedesco, una minoranza esigua) e Bruxelles Capitale (Francese e Fiammingo). La regione di Bruxelles è ufficialmente bilingue, ma in pratica si parla qualsiasi cosa, dato che come casa dell’Unione Europea e della Nato ha fatto di necessità virtù diventando il luogo dove «vous pouvez hablar all talen».

Non appena si attraversa il confine in un’altra regione, è come essere in un Paese completamente diverso. I cartelli stradali cambiano e l’atteggiamento generale delle persone muta con esso, diventando anche piuttosto piacevole mentre si sale a Nord. Il fulcro di tutti i mali risiede però nella sua capitale, Bruxelles: maestosa, sporca e anche pericolosa. Non sono mica l’unica a dirlo - i sondaggi sono unanimi su questo punto. Perché in questa realtà di un milione e duecentomila abitanti, suddivisa su diciannove comuni, criminalità, disoccupazione e povertà variano a seconda del distretto, con disparità socioeconomiche che si riflettono nella quotidianità dei suoi cittadini. La regione di Bruxelles Capitale è la congiunzione di due mondi uniti ma divergenti, comunicanti ma non dialoganti, per i quali lo scontro è di casa. Come nel gennaio 2022, quando le periferie hanno invaso il quartiere europeo e utilizzato le (esigue) restrizioni anti-pandemiche come pretesto per ribaltare le “aree bene”. Una metropoli di contraddizioni, dove esistono comuni come Ixelles ed Etterbeek, con disoccupazione quasi nulla, e quartieri come la stazione nord, dove le forze dell’ordine faticano a gestire la situazione.

 

 

 

MOLENBEEK

Per non parlare di Molenbeek, a quasi cinque chilometri ad ovest di Bruxelles Grand Place, luogo che è stato più volte collegato al terrorismo islamico: la casa di uno dei detenuti dell’attentato del 2004 a Madrid e le armi utilizzate nell’attacco a Charlie Hebdo del 2015 sono state acquistate proprio tra le sue vie, così come coloro che hanno causato nello stesso anno l’orrore al Bataclan, allo Stade de France e ai ristoranti nella capitale francese erano alcuni dei suoi residenti. Idem per gli attentati di Bruxelles del 2016, che hanno ucciso 32 civili e ferito più di 300 persone. I media internazionali hanno ormai etichettato Molenbeek come il fulcro del jihadismo europeo, una reputazione difficile da scalfire.

Pochi mesi dopo gli attacchi di Parigi, il governo belga ha investito 39 milioni di euro per la rivalutazione di diversi comuni per svilupparne l'economia, costruire centri comunitari e rafforzarne la sicurezza, con a oggi ancora scarso successo. I sociologi pensano che la distribuzione della ricchezza a Bruxelles segua un modello che si trova più comunemente nelle città americane- sobborghi ricchi che circondano un centro degradato - mentre per la norma europea, esemplificata da Londra e Parigi, le zone più costose e chic si trovano al centro mantenendo così più gestibile la vita nel cuore delle città.

Rispetto ad altre metropoli europee, Bruxelles si dice manchi di presenza sulla scena mondiale e non abbia una storia facilmente identificabile. Pensandoci bene, non mi viene in mente una sola cosa caratteristica che vada oltre le istituzioni e la statua del bimbo che fa pipì. Pure i waffles ormai sono American Brand. Come nazione, il popolo belga non obbedisce molto alla legge anche perché la loro legge è stata più volte al centro di controverse sentenze. Come dimenticare l’assurda leggerezza con cui ha processato individui come il mostro di Marcinelle e i suoi complici, lasciando l'opinione pubblica traumatizzata dal procedimento penale, il peggiore nella storia del Paese. Ed è di pochi giorni fa la nuova controversa decisione del tribunale di dare solo 300 ore di lavori socialmente utili a 18 studenti che hanno torturato e portato alla morte, tra atroci sofferenze, una matricola che desiderava entrare nella loro confraternita.

 

 

 

WATERLOO E DINTORNI

Certo questo è un altro punto che non aiuta l’indice di gradevolezza del “Cockpit” d’Europa, nominativo ottenuto per essere stato il luogo che ha ospitato più battaglie di qualsiasi altro Paese; e tra l’altro in cui pochissimi invasori aveva il desiderio di conquistarlo (anche se sul suo suolo hanno commesso atrocità a discapito del popolo), reputandolo solo un percorso facile, ad esempio per i francesi nell’attaccare la Germania, per la Germania nell’attaccare la Francia e per la Spagna nell’attaccare i Paesi Bassi. Può essere che questo abbia contribuito a mantenerli piccoli si, ma incacchiati malamente. Quando questo lembo di terra era una colonia romana, una leggenda sulla fondazione della città fiamminga di Anversa è diventata parte importante del loro folklore. Si narra che un gigante di nome Antigon terrorizzava i mercanti che tentavano di attraversare il fiume Schelda, chiedendo tariffe esorbitanti come pegno. Coloro che non potevano o non volevano obbedire, si trovavano con le mani tagliate e gettate nel fiume. Questo andò avanti finché un soldato romano senza paura di nome Silvio Brabo, forse un nipote di Giulio Cesare, uccise questo tiranno e gettò la sua mano destra nel fiume. Fino ad oggiuna mano mozzata rimane il simbolo della città, con il cioccolato fondente Antwerpse Handjes per celebrare l'eroe romano che riuscì a porre fine al regno del terrore. In tempi più recenti, per alcuni, questi cioccolatini a forma di mani mozze hanno assunto un significato più sinistro.

LEOPOLDO II

Facciamo un passo indietro: durante il regno di Leopoldo II, in Africa vennero acquisite diverse colonie commettendo barbarismi che superavano di gran lunga quelli commessi da Antigon, specialmente nella cruenta “tradizione” legata ai moncherini. Il poco simpatico Leopoldo salì al potere nel 1865, governò fino al 1909 senza alcuna supervisione del governo Belga e pensando che queste terre ricche di risorse potessero migliorare il suo potere, ricchezza e prestigio come monarca, ne abusò come pochi altri colonialisti fecero nella storia. Nel 1885 fondò il Congo, un territorio centrafricano oltre 76 volte più grande del Belgio ed il suo regno è stato successivamente designato come il peggior disastro umanitario della fine del XX secolo. Circa in 15 milioni, ovvero la metà della popolazione, sono morti di maltrattamenti e malnutrizione. Tra le molte crudeltà di re Leopoldo II, si trovava appunto l’uso di tagliare le mani di chi si ribellava e conservarle per inventario. I cesti di mani depositati ai piedi dei suoi comandanti europei, divennero un simbolo dello Stato Libero del Congo, che libero di certo non era. E presto la raccolta di mani diventò una sorta di valuta macabra. Gli agricoltori che non riuscivano a rispettare i pagamenti delle tasse venivano puniti, così come le loro donne e i loro figli, condannandoli a morte certa a causa dell’impossibilità di poter lavorare. Questo abominio è ampiamente documentato e foto vecchie più di 100 anni non risparmiano la loro crudezza. L’importazione di grandi quantità di pregiatissime fave di cacao dall’Africa, hanno dato un’importante contributo all'economia belga.

Oggi, ci sono più di 2000 cioccolatieri nel Paese e gli attivisti sostengono che quelle mani fondenti, rappresentino non il coraggio della vittoria su un gigante sanguinario, ma gli aspetti meno saporiti dello sfruttamento, della colonizzazione e del genocidio in Congo. Il Karma agisce in modi misteriosi, e dopo tanto potere sfruttato al peggio, negli ultimi dieci anni il Belgio è riuscito non solo ad avere una povera reputazione nel savoir vivre, ma anche per ben due volte e per periodi piuttosto lunghi a non avere un governo permanente. «Niente di insolito», «Siamo abituati», «Non vediamo alcuna differenza» dichiarano i suoi abitanti. «È la Belgitude» un termine che cattura la capacità infinita dei belgi di scrollarsi di dosso le assurdità del loro Paese complesso. Ricordo il video di una canzone che da ragazzina mi inquietava ma non riuscivo a smettere di guardarlo. Un ode allo sfacelo e alla sottomissione passivo aggressiva, il capolavoro drammatico di Jacques Brel (altro eccellente belga che non viene mai in mente a nessuno): «Ne me quitte pas». Con quel bianco e nero e quel primo piano umidiccio e lacrimoso. Che viso, che faccia pazzesca! Che angoscia incredibile! Ecco, il Belgio mi ha sempre fatto quell’effetto lì, l’effetto Jacques Brel: ansia e bellezza. 

 

 

 

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