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Francia, l'agente che ha ucciso Nahel è un morto che cammina: la foto-choc

Mauro Zanon
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Giovedì sera, il settimanale francese Oise Hebdo ha pubblicato sul suo sito un ritratto dell’agente che ha ucciso il diciassettenne Nahel durante un controllo di polizia, rivelando sia il suo cognome sia il suo comune di residenza: informazioni private che rappresentano un rischio per la sua incolumità e quella della sua famiglia. «Oise Hebdo pubblica delle informazioni personali che mettono in pericolo la vita della famiglia del poliziotto in detenzione», ha twittato ieri il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, prima di aggiungere: «Nonostante le nostre richieste di ritiro di questo contenuto irresponsabile, la pubblicazione persiste. Solleciterò il procuratore della Repubblica». Come denunciato dal sindacato di categoria Unité Sgp Polic Fo, quella di Oise Hebdo è una «rivelazione odiosa» che «permette di identificare il domicilio (del poliziotto e della sua famiglia), in un momento in cui sono minacciati di morti». Ed è stata proprio l’organizzazione sindacale Unité Sgp Police Fo a segnalare i contenuti al ministero dell’Interno affinché sottoponesse il dossier al vaglio dei giudici.

 

 

INDAGINI IN CORSO
Ieri, ai microfoni di France Info, il prefetto di Parigi, Laurent Nuñez, ha indicato che una serie di «indagini giudiziarie» sono in corso, al fine di «interrogare alcuni individui che minacciano o rivelano l’identità e l’indirizzo del poliziotto», precisando che due persone sono già state arrestate nel quadro delle inchieste. È evidente che la pubblicazione di dati sensibili, alla luce delle violenze consumatesi in questi giorni in tutta la Francia, sia una scelta irresponsabile e scellerata. Ma nonostante ciò e la denuncia da parte del ministero dell’Interno, il direttore della pubblicazione di Oise Hebdo ha risposto che il suo compito «è quello di raccontare ciò che succede nell’Oise (dipartimento a nord di Parigi, situato vicino a Amiens, la città natale del presidente Macron, ndr)», e che «vista l’ampiezza dell’affaire il suo nome completo, prima o poi, sarebbe comunque uscito». Non pago, ha fatto uscire anche un articolo per giustificarsi, facendo leva su alcuni elementi giuridici. «L’articolo 39 sexies, che non risale al 1881 ma al 2011, fissa in maniera esaustiva la lista dei funzionari di polizia e dei militari della gendarmeria nazionale che hanno diritto all’anonimato. Il poliziotto non è incluso in questa lista. Questa legge non lo concerne», si legge nell’articolo di Oise Hebdo. «Per giustificare un articolo spaventoso, Oise Hebdo ne pubblica un altro ancora più insopportabile», ha reagito il politologo Dominique Reynié.

 


«VIGLIACCHI»
«L’articolo ignobile, che dà in pasto agli avvolti la famiglia del poliziotto autore dello sparo contro Nahel, fornendo il suo nome e la città dove abita, è coraggiosamente firmato “la redazione”», ha attaccato il giornalista del Figaro Paul Sugy, prima di aggiungere: «Il giornalista che ha scritto l’articolo non è solamente irresponsabile, è un vigliacco». Oltre alla pubblicazione di Oise Hebdo, c’è un altro articolo che sta suscitando grandi dibattiti in Francia, o meglio un’intervista: quella del Figaro Magazine a Pierre Brochand, ex capo della Dgse, ossia l’intelligence esterna francese. «Per quanto mi riguarda, definirei la presente catastrofe un’insurrezione o rivolta contro lo Stato francese di una parte significativa della gioventù extra-europea presente sul suo territorio. Con l’obiettivo principale di avere il monopolio della violenza legittima in questo stesso spazio», ha tuonato Brochand.

E ancora: «Se siamo arrivati a questo punto è anche, e forse soprattutto, a causa dell’ideologia dominante che ha giustificato e persino glorificato l’immigrazione di popolamento di massa, subìta da mezzo secolo a questa parte». Brochand, sulle pagine del Figaro Magazine, si spinge addirittura a paragonare la situazione verificatasi in questi giorni, con saccheggi e devastazioni che hanno coinvolto tutto il territorio, ai tempi della Rivoluzione francese. «In termini di dimensioni, le statistiche ufficiali fanno pensare – gli storici, in seguito, lo verificheranno – che non si sia prodotto nulla di simile nelle città francesi dalla Rivoluzione del 1789 o, quantomeno, dalle settimane che hanno seguito la Liberazione», ha dichiarato Brochand, condannando chi parla di «infima minoranza» 

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