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Ucraina, Zelensky è spacciato? Controffensiva, cosa può accadere tra un mese

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Non bastano i rifornimenti arrivati dagli Usa che permettono di sparare 8mila proiettili di artiglieria al giorno, quasi tutti con testate “cluster” che seminano ordigni nelle trincee. E neppure i missili Storm Shadow piovuti contro le basi nelle retrovie e contro i ponti strategici sembrano avere incrinato il muro di Mosca.  L'esercito di Kiev finora non è riuscito a sfondare la difesa russa di Zaporizhzhia. Ne dà conto Gianluca De Feo nello scenario tratteggiato per Repubblica nel quale spiega il timore dell'Ucraina e della Nato che l’avanzata non sia in grado di scacciare i russi dai territori occupati entro l’autunno, creando una situazione molto complessa non solo dal punto di vista militare ma anche da quello politico e diplomatico. Alla base di questo ragionamento c’è la valutazione delle forze disponibili.  

 

 

I comandanti della nuova ondata, si legge su Repubblica, hanno fatto tesoro di alcuni errori commessi a giugno ma, stando agli analisti, continuano a mostrare lo stesso peccato capitale: non sanno gestire operazioni coordinate su larga scala. Solo una piccola parte dei reparti va all’assalto contemporaneamente – prima una manciata di compagnie, adesso un paio di battaglioni – permettendo ai russi di concentrare la reazione di artiglieria, tank ed elicotteri: come se in una partita di pallone un singolo attaccante dovesse misurarsi contro l’intera squadra nemica

 

 

Il governo di Zelensky è convinto però che la pressione riuscirà nelle prossime settimane a causare una crisi nella fortezza russa. Al momento però, fa notare De Feo, non ci sono segnali di un successo rapido e la prospettiva che la controffensiva si spenga entro un mese appare sempre più reale. Uno scenario disastroso: il balzo verso la Crimea verrebbe rinviato alla tarda primavera del 2024, permettendo al Cremlino di irrobustire ulteriormente le barriere e mobilitare altre truppe. Un’ipotesi di uno stallo che preoccupa sia Zelensky sia i Paesi baltici della Nato, a partire dalla Polonia: se Mariupol e Melitopol non vengono liberate entro metà settembre, il Cremlino avrà molti mesi per cercare di incrinare la compattezza degli Alleati facendo leva anche sulle elezioni statunitensi. Tanto che nelle diplomazie si ricomincia a parlare di un armistizio sul modello coreano che congeli la linea sul fronte. Una prospettiva inaccettabile a Kiev come a Varsavia.

 

 

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