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Golpe in Niger, "Macron sapeva tutto": la decisione del presidente

Albert Doinel
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La giunta militare guidata dal generale Abdourahmane Tchiani, al vertice in Niger dopo il colpo di Stato del 26 luglio, ha annunciato giovedì sera l’interruzione degli “accordi di cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa con la Francia”. Gli accordi siglati tra Niamey e Parigi prevedono, tra le altre cose, la presenza di 1.500 soldati francesi nel Paese africano: soldati che erano stati mandati nel Sahel per partecipare alla lotta contro i gruppi jihadisti della regione.

La loro situazione diventa ora complicata, anche se il Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, ha affermato che «solo le autorità nigerine legittime» possono revocare le intese, ossia il presidente democraticamente eletto in Niger Mohamed Bazoum, attualmente ostaggio della giunta. La decisione unilaterale dei golpisti fa seguito alla sospensione della diffusione della radio Rfi e del canale televisivo all-news France 24, alle manifestazioni contro l’ambasciata di Francia a Niamey e alle reiterate accuse alla Francia di essere uno Stato coloniale che sfrutta le risorse del Niger, e in particolare l’uranio necessario per le sue centrali nucleari.

L’opzione di un ritiro delle truppe dal Niger, come riportato ieri sera dal Figaro, è sotto esame da parte dell’Eliseo, anche se non è quella privilegiata: perché un abbandono del Niger, dopo quello del Mali e del Burkina Faso, sancirebbe il fallimento totale della politica africana di Macron e allargherebbe la sfera d’azione dei gruppi jihadisti con conseguenze spaventose anche per l’Europa. Oltre ai francesi, in Niger sono presenti 1.100 soldati statunitensi, con una base per i droni. Washington, come Parigi, è riluttante al ritiro del suo contingente, in particolare a fronte della crescente influenza russa nell’area attraverso i contractor di Wagner.

ROTTURA DIPLOMATICA
Le nuove autorità di Niamey, che hanno il sostegno del Mali e del Burkina Faso, anch’essi governati da giunte militari, hanno annunciato la rottura di qualsiasi relazione diplomatica con la Francia, gli Stati Uniti, il Togo e la Nigeria. «Le funzioni degli ambasciatori straordinari e plenipotenziari della Repubblica del Niger in Francia, Nigeria, Togo e Stati Uniti sono terminate», ha annunciato in una dichiarazione televisiva un portavoce dei golpisti, Amadou Abdramane. La Nigeria guida la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), che ha minacciato di usare la forza per ripristinare la democrazia nigerina e lanciato un ultimatum che scade domani. Secondo quanto riportato dal Figaro, Parigi è convinta (o forse spera) che l’Ecowas abbia la forza per ristabilire le istituzioni democratiche e, pur considerandola come “ultima opzione”, starebbe preparando un intervento militare di supporto.

ALLEANZE
La giunta di Niamey ha già fatto sapere che risponderebbe immediatamente a «qualsiasi tentativo di aggressione», e sarebbe supportata da Mali e Burkina Faso. Giovedì sera, una delegazione dell’Ecowas, si era recata in Niger per trovare una soluzione alla crisi, ma è ripartita dopo poche ore senza aver raggiunto alcun risultato. La delegazione non ha incontrato né il generale Abdourahmane Tchiani, né il presidente deposto Mohamed Bazoum, che sul Washington Post ha chiesto un intervento della comunità internazionale per ripristinare l’ordine costituzionale e scongiurare le «conseguenze devastanti» che il golpe potrebbe avere «per il nostro paese, la nostra regione e il mondo intero».

FORZE SPECIALI
Ieri, Georges Malbrunot, storico inviato di guerra del Figaro, ha rivelato un retroscena secondo cui Macron avrebbe potuto evitare il golpe. «Poche ore prima del colpo di Stato, la Dgse (l’intelligence esterna francese, ndr) ha consigliato al potere francese di mobilitare dei membri delle forze speciali a protezione del palazzo presidenziale a Niamey, ma la risposta è stata “no, verrà interpretato come colonialismo, non possiamo restare nella Françafrique”», ha raccontato Malbrunot, citando due fonti vicine al dossier. «L’opzione della Dgse era quella di mettere in sicurezza il palazzo. Ma i diplomatici hanno risposto: “Ci saranno delle rivolte in città”. Macron non è contento della Dgse perché non ha avuto anticipazioni. Ma l’avevamo avvertito dicendoli “è questa notte, ma bisogna muoversi subito con dei militari francesi”. Leui però non voleva».

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