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Gruppo Wagner, l'intervista al mercenario: "Esistiamo ancora, addestriamo soldati"

Daniele Dell'Orco
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I due combattenti della Wagner PMC che accettano di incontrare Libero in un ristorante alla periferia di San Pietroburgo hanno in comune solo gli occhi color ghiaccio. Per il resto, sembrano Davide e Golia, ma schierati dalla stessa parte. Hustler, l’imbroglione, dall’alto del suo metro e 90 per 110 chili di muscoli, è un ex Spetsnaz russo che ha scelto di arruolarsi nella Wagner a inizio 2022. I soldi, a suo dire, non c’entrano: «Se avessimo voluto diventare ricchi saremmo andati a combattere per l’Ucraina. Lì quelli come noi li pagano bene», dice. Hustler nella PMC che fu di Yevgeny Prigozhin è ripartito da zero, con un corso di due settimane a Krasnodar e il ruolo di soldato semplice nel più tremendo tritacarne della guerra: Bakhmut. «Delle 120 persone del mio gruppo iniziale siamo rimasti vivi in 17. Ogni mese arrivavano nuove reclute e continuavamo a portare avanti gli obiettivi stabiliti col ministero della Difesa. Anzi, aiutavamo anche i reparti dell'esercito regolare. Combattevamo contro contractor georgiani, polacchi, spagnoli e brasiliani. Gli addestratori erano anglosassoni e portoghesi. I militari regolari ucraini invece erano pochi e tutti over 45. Vuole sapere se ho affrontato italiani? No. Almeno non io».

SANGUE, ONORE E PATRIA
Nell'inferno di Bakhmut il loro compito era di attirarsi addosso più ucraini. Per Volodymyr Zelensky la città “fortezza” era diventata un simbolo come lo fu Stalingrado: «Ma lì sapevamo muoverci. Loro insistevano e li abbiamo annientati». Da maggio, tuttavia, cioè quando le posizioni sono passate a Mosca, è Kiev ad avanzare: «Quello che abbiamo liberato [è così che i russi definiscono le loro conquiste, NdR] poco per volta viene restituito al nemico. Così fa male».

Nello stemma della Wagner campeggiano quattro parole: sangue, onore, patria e coraggio. Ma più la conversazione entra nel vivo più si colgono i riferimenti espliciti al vero motivo per cui soldati esperti abbiano scelto questa formazione “fantasma” (le PMC sono tuttora illegali in Russia): si chiama burocrazia. «Spesso nell'esercito regolare a dare gli ordini sono persone che non hanno consapevolezza delle conseguenze - spiega Hustler - Da noi tutti i comandanti studiano ogni dettaglio». Certo, l'ordine è sempre quello di non arretrare, e per gli assaltatori vuol dire tirare una moneta tra la vita e la morte: «È vero, ma anche nel caso peggiore nella Wagner abbiamo garanzie. Sussidi e risarcimenti sono versati immediatamente senza passare per le scartoffie. Da noi c'è un alto senso di giustizia». Giustizia, la parola scelta da Prigozhin per la sua "marcia su Mosca" del 24 giugno. L’inizio della sua fine.

 

 

 

MISSIONE AFRICANA
Il fatto che i wagneriti parlino al presente, però, suggerisce che la PMC sia sopravvissuta al suo leader: «Durante i fatti di Rostov ero in licenza. Come molti dopo Bakhmut. Anche dopo quel giorno il nostro lavoro è continuato. Tuttora ci sono battaglioni dell'esercito regolare che si rivolgono a noi per la formazione di militari, specialmente mobilitati». Non solo in Bielorussia, dove la base di Tsel è stata già smantellata per metà, ma anche alla stessa Russia. «Continuiamo l’attività, compresa quella in Africa. Dobbiamo impedire ai Paesi occidentali di violare l’integrità dei Paesi in cui siamo». Il Continente Nero è lo scenario principale per il futuro di Mosca, e quello in cui gli interessi della Russia e della Wagner coincidono di più. Per questo dopo la morte di Prigozhin, il vice ministro della Difesa Yunus-Bek Yevkurov ha intrapreso un lungo viaggio per "rassicurare" i governi che lavoravano con "lo chef di Putin".

 

 

 

PATTO CON MOSCA
Il secondo dei "violinisti" seduto al tavolo, Sviatoy (il Santo), ha 25 anni, fisico da peso piuma e volto scoperto («tanto gli ucraini sanno già tutto di me»). In Africa con la Wagner c'è stato: «Sì, in Libia, ma prima ancora in Siria. Ho combattuto l'Isis a Palmira e Deir el-Zor. Loro sì che erano motivati. Io ero andato in Donbass già nel 2014 come volontario, a maggio 2022 ho scelto di tornare lì». Ora però, non potrà più farlo. Nei taciti accordi tra Wagner e ministero della Difesa in questa fase di transizione c'è una sorta di patto: la PMC non tornerà in Donbass. Almeno per ora. Gli altri scenari invece restano aperti. Sviatoy, che ora dai reparti d’assalto è passato a quelli di pilotaggio di droni, è tra coloro che dopo lo scorso giugno sono andati in Bielorussia.

L’intenzione era di aprire un altro fronte? «Queste informazioni sono segrete- taglia corto -. Posso dire però che uscire dallo stallo attuale è difficile. La situazione per noi può migliorare tatticamente solo se vengono tagliate le vie di rifornimento dall’Occidente. Conquistando una città alla volta non si potrà andare avanti più di un anno, al massimo due». Poi? «Inizierà una guerra congelata, com’era nel periodo di Minsk». Tornando, insomma, al punto di partenza.

 

 

 

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