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Putin "tradito" dall'Armenia: "Mandato di cattura, lo zar va arrestato"

Mirko Molteni
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Un'ulteriore spaccatura si apre fra Armenia e Russia, dopo che nei giorni scorsi Mosca ha deluso Erevan riguardo la protezione degli armeni del Nagorno Karabakh, occupato il 20 settembre scorso dalle truppe dell’Azerbaijan. A loro volta i russi accusano gli armeni di aprire il paese a truppe americane. Ieri, a conferma della virata pro-occidentale del premier Nikol Pashinyan, il parlamento di Erevan ha ratificato l'adesione allo Statuto di Roma della corte penale internazionale ICC, International Criminal Court. Si tratta del tribunale che ha spiccato un mandato di cattura per il presidente russo Vladimir Putin, a causa dell'attacco all'Ucraina e nello specifico per la «deportazione di bambini ucraini in Russia». Quindi, se Putin mettesse piede in Armenia per una visita di stato, potrebbe essere arrestato. E ciò nonostante l'Armenia sia, sulla carta, ancora alleata della Russia nell'organizzazione di sicurezza CSTO, insieme ad altre nazioni dell'ex-Unione Sovietica.

Il vicespeaker del parlamento armeno, nonché copresidente della Commissione Interparlamentare Russo-Armena, Hakob Arshakyan, ha tentato di minimizzare: «La ratifica non vuol essere un atto ostile verso la Russia e il suo presidente. Sono sicuro che le tensioni verranno superate». Del resto, il rappresentante legale internazionale dell'Armenia, Yeghishe Kirakosyan, ha affermato che «la ratifica è diretta contro i militari dell'Azerbaijan che hanno commesso crimini di guerra in territorio armeno». Ma, già i partiti di opposizione all'esecutivo di Pashinyan hanno protestato sostenendo che «la ratifica non ha nulla a che fare con gli interessi geopolitici del paese e compromette i rapporti con la Russia, con gravi conseguenze».
Dal Cremlino arrivano velate minacce, tramite il portavoce Dimitri Peskov, secondo cui «la ratifica è uno sbaglio» e spiega: «Dubitiamo che l'adesione dell'Armenia all'ICC sia una decisione saggia.

 


Crediamo invece sia una decisione sconsiderata. Abbiamo molto in comune con il popolo armeno e questi legami dureranno per sempre, ma ci sono questioni che solleveremo con l'attuale governo armeno». Erevan, del resto, sta ventilando anche il ritiro dalla CSTO, al che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha commentato: «Spero non vengano rotti rapporti secolari Russia-Armenia, ma sarebbe una loro decisione sovrana». L’alleanza con Mosca si è rivelata inutile a evitare la caduta dello staterello “fratello” in Nagorno Karabakh, da cui ormai quasi tutta la popolazione armena è fuggita. I russi non hanno voluto compromettere i rapporti con la Turchia, protettrice dell'Azerbaijan, ma anche gli armeni hanno dato segnali sgraditi a Mosca, come un’esercitazione con militari USA sul proprio territorio a metà settembre. Se la svolta armena è figlia della sfiducia nella protezione russa, ben si spiega come in questi giorni Putin e Lavrov stiano riallacciando rapporti con gli staterelli filorussi non riconosciuti di Abkhazia e Ossezia del Sud, per la cui indipendenza la Russia combattè nel 2008 contro la Georgia. Visto il precedente del Nagorno Karabakh, Mosca teme di mostrarsi rinunciataria a difendere gli alleati. 

 

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