Israele, case bruciate con le persone ancora dentro: ecco cos'è Hamas
Lo spettro della guerra del 1948 è riapparso davanti agli occhi degli israeliani per le modalità dell'attacco asimmetrico di Hamas a macchia di leopardo, e altri fantasmi si sono materializzati di fronte al volto crudele di questa ennesima vampata di odio e di sangue. Le analogie sono nel coinvolgimento diretto e immediato dei civili, e fonti israeliane hanno da subito dato notizia di incursioni delle squadre dei commando palestinesi che si sono infiltrate fino a prendere di mira i rifugi dove avevano cercato riparo gli abitanti: hanno aperto il fuoco senza guardare troppo per il sottile, hanno ucciso, hanno rastrellato persino anziani e bambini da utilizzare come scudi umani o come armadi ricatto e di pressione sulla reazione scontata dell’esercito di Tel Aviv.
I riscontri su quello che sta accadendo arrivano da autorevoli esponenti della comunità ebraica in Italia: «Abbiamo tutti parenti e amici là. Arrivano tremende notizie di combattimenti casa per casa che interessano i kibbutz, dove ci sono abitazioni che vengono date alle fiamme con persone all’interno e altre che vengono prese come ostaggi dalle milizie palestinesi».
Le comunicazioni volano tramite i social e via internet, e tramite l’app i24 che fornisce dettagli su dettagli che mettono in apprensione anche chi è lontano migliaia di chilometri. Secondo alcune fonti attendibili si sarebbe verificato anche un cyberattacco che avrebbe non poco influito sulle difficoltà di mantenere un canale informativo aperto, a partire dalle linee telefoniche. In un rifugio a Tel Aviv alcuni civili sono rimasti dalle sette del mattino senza cibo né acqua. A sud del Paese le cose vanno molto peggio. Nel tardo pomeriggio si sono sparse voci di violenze raccapriccianti su bambini, donne e persino invalidi.
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Gli abitanti dei kibbutz e dei villaggi investiti dalla manovra ad ampio raggio denominata «Alluvione al-Aqsa» si sono ritrovati al centro degli attacchi sul territorio nazionale israeliano dei miliziani di Hamas e del contrattacco delle forze regolari che hanno ripetuto continuamente l’appello ai civili delle zone contigue alla Striscia di Gaza a rimanere chiusi in casa.
TERRORISTI E CRIMINALI
Le autorità tacciano i palestinesi di essere «terroristi e criminali», Hamas a sua volta rovescia su Israele l’accusa di essere artefice dei «crimini dell’occupazione» che intende vendicare una volta per tutte con questa operazione, infettando nuovamente l’insanabile e purulenta ferita mediorientale.
L’offensiva palestinese risponde a un piano preordinato e meticolosamente studiato nei particolari, col diluvio dal cielo di oltre 5mila razzi e una raffica di colpi di mano terrestri da parte di piccole unità con armi leggere che costringono l’esercito a parcellizzare la risposta e a dover fronteggiare l’incubo dei combattimenti casa per casa, con i civili intrappolati o trattenuti nelle abitazioni. Gli esperti militari sono da sempre concordi nel ritenere questo il peggior scenario bellico possibile.
La battaglia urbana per liberare gli abitanti dei kibbutz riporta alla memoria la seconda guerra mondiale con lo stillicidio su grande scala di Stalingrado, poi l’unica esperienza su fronte occidentale che interessò nell’ultima settimana del 1943 la piccola Ortona sulla costa adriatica falcidiando almeno tremila vite tra paracadutisti tedeschi, fanti canadesi e civili italiani, e infine la battaglia di Berlino nel 1945.
UNITÀ NAZIONALE
La proclamazione dello stato di emergenza nel sud di Israele e il dispiegamento dell’aeronautica testimoniano eloquentemente l’estrema serietà della situazione, così come l’appoggio nel segno dell’unità nazionale che il leader dell’opposizione Yair Lapid ha assicurato al consigliere militare del primo ministro Benjamin Netanyahu. L’occidente si è schierato compatto dalla parte di Israele e del suo diritto a difendersi da un attacco non casualmente scatenato nel giorno dello shabbath, giorno di festività. Netanyahu ha parlato senza giri di parole di «stato di guerra» annunciando una scontata risposta: «Il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto prima». L’esperienza insegna che non sono parole a vuoto. Gli arsenali di razzi e di armi che Hamas ha messo in campo per scatenare «Al-Aqsa Flood» riaprono almeno due inquietanti interrogativi: chi comanda e chi rappresenta chi nel sempre più frammentato cosmo palestinese, e in quali rivoli sotterranei si disperde il fiume di danaro della cooperazione internazionale versato nelle casse delle autorità palestinesi per finalità di sviluppo e crescita economico-sociale.
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