Palestina, 26 milioni dall'Italia nel 2022: da chi arriva il denaro
Dopo la rivelazione da parte di Libero dell’enorme mole di finanziamenti erogati dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo diretti in Palestina, il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia una riflessione sull’opportunità di proseguire con gli aiuti. Si tratta di 34 progetti relativi all’anno in corso, che si sommano a 60 del 2022, 41 nel 2021, 68 nel 2020, che il sito OpenAid dell’Aics riporta insieme ad altri fino a risalire al 2003, per un totale di 559 iniziative variamente catalogabili sotto “Governo e società civile, pace e sicurezza”, “Infrastrutture, servizi, trasporti e comunicazioni” oppure “Istruzione e formazione” e altre voci. La spesa, nel solo 2022, ammontava a 26 milioni 587.520 euro, mentre per il 2023 ne sono stati stanziati 19.535.518, di cui 14.304.678 sono stati già utilizzati. È la Farnesina stessa ad averli approvati e autorizzati, spiegano all’Aics, in occasione della giornata della Trasparenza, assicurando che «quasi la metà sono progetti implementati attraverso organizzazioni internazionali, enti pubblici e imprese italiane».
Ma ora sembra proprio che i rubinetti stiano per chiudersi almeno fino a quando non sarà tutto passato al microscopio e rendicontato. Già alcuni senatori nella passata legislatura avevano avanzato il sospetto che una parte del denaro negli anni scorsi fosse finito al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP), designato come organizzazione terroristica da Unione europea, Stati Uniti e Canada. Ora, invece, vanno passati al setaccio anche tutti i possibili legami con Hamas.
«Verificheremo che siano effettivamente a fini umanitari e non per altri scopi», spiega il capo della diplomazia italiana a Montecitorio nel corso delle comunicazioni sulla situazione e le prospettive in Medioriente a seguito degli attacchi di Hamas contro Israele. Poi, durante la riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, fa sapere che l’Italia vigilerà affinché a seguito delle nuove circostanze, «non vi sia alcun abuso di tali fondi» e «sta valutando scrupolosamente l’allocazione di fondi, monitorando la situazione umanitaria sul terreno».
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L’Europa, sul punto, appare più che mai divisa. A confermarlo, dopo la confusione generata lunedì dall'annuncio sullo stop degli aiuti Ue ai palestinesi e i successivi dietrofront da parte di alcuni membri dell’esecutivo comunitario, ieri la commissione Affari esteri del Parlamento europeo ha svolto a porte chiuse il dibattito sulla «evoluzione della situazione in Israele e Palestina». Per il taglio immediato, si schierano la Svezia, che lo rende noto con una conferenza stampa del ministro della Cooperazione per lo sviluppo internazionale Johan Forssell, e la Danimarca , come riferisce l'agenzia di stampa Ritzau citando il ministero perla Cooperazione allo sviluppo.
Il fronte dei contrari alla sospensione degli aiuti comunitari ai palestinesi, è formato da Germania, Francia e Spagna. Fermare il flusso di denaro sarebbe «completamente sbagliato», ha detto la ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock. «Questa cooperazione deve continuare, non possiamo confondere Hamas, che è nella lista dei gruppi terroristici dell’Ue, con la popolazione palestinese, o con l’Autorità Palestinese o con le organizzazioni delle Nazioni Unite sul campo», ha detto il ministro degli Esteri ad interim spagnolo José Manuel Albares, sottolineando che la Palestina avrà probabilmente bisogno di maggiori aiuti nel prossimo futuro. Analoga la posizione espressa dal ministero degli esteri di Parigi in una nota, nella quale si chiarisce: «Non siamo favorevoli alla sospensione degli aiuti che vanno a beneficio diretto del popolo palestinese, e ieri lo abbiamo chiarito alla Commissione europea». Rimane il dubbio di aver sovvenzionato con il bilancio comunitario lo sterminio degli ebrei israeliani. E va fugato.
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