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Zelensky deve arrendersi, Gaza no: come lo spiegano i nostri pacifisti di sinistra?

Tommaso Lorenzini
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Nel coro variegato e allucinante (anche allucinato) di quelli che in questi giorni sono scesi a portare la loro rabbia in piazza a favore della Palestina, o di quanti stanno vergando sui giornali articolesse con l’inchiostro bagnato di lacrime, per non parlare di coloro che si stracciano le vesti in televisione sgomitando per un posto al sole al grido di «fermate Netanyahu», manca un “verso” fondamentale, che dovrebbe essere ritornello essenziale della loro interpretazione. Perché nessuno di quanti chiedono lo stop alla guerra a Gaza, puntando il dito contro Israele, non fa lo stesso contro Hamas? Perché nessuno chiede, grida, supplica Hamas di restituire tutti gli ostaggi e arrendersi? Eppure, tutta quella galassia di pacifinti che fa capo a quotidiani come il Fatto Quotidiano, ai 5Stelle, a opinionisti “social”, ai residuati comunisti sempre presenti dalla parte delle cause sbagliate, è la stessa che più volte ha consigliato a Volodymyr Zelensky di gettare la spugna di fronte all’avanzata di Putin. Oggi invece si invoca la pace a senso unico imponendola a Israele, utilizzando la moral suasion della pelosa solidarietà al popolo palestinese, annegato fra missili, bombe, macerie. Al contempo, non viene proferita alcuna parola all’indirizzo dei terroristi di Hamas che (loro sì, ben più di Zelensky) stanno trascinando tutti i palestinesi all’inferno.

UNICA ANALOGIA
E qui esiste e insiste l’unica possibile analogia fra Ucraina e Palestina: se a Zelensky è stato rimproverato che resistere alla Russia avrebbe solo portato alla cancellazione della sua popolazione, allo stesso modo i paladini della pacificazione dovrebbero prendere atto che Hamas è tanto sanguinoso contro gli israeliani quanto verso i propri compagni di sventura. I quali, per religione od obtorto collo, stanno cadendo come mosche, vittime non solo della rappresaglia israeliana quanto del tradimento di quei buffoni criminali che sostengono di lottare per la loro causa ma che, invece, li utilizzano come scudi umani, come carne da cannone per sostenere una causa dalle basi marce, come bancomat per avere fondi dallo stolto Occidente.
Hamas mistificatore e arrogante, mai identitkit fu più calzante. La manipolazione della realtà alla quale gran parte del mondo occidentale si sta prestando ha infatti prodotto una singolare amnesia: il 7 ottobre non esiste più. Le migliaia di persone scese ieri in varie piazze d’Italia, e non solo, erano addobbate con striscioni e cartelli inneggianti all’occupazione israeliana della Striscia, al genocidio palestinese operato dagli ebrei, a Israele come la Germania nazista. Nessuno di loro considera che l’attuale, paurosa situazione, è tutta figlia della pistola fumante chiamata “7 ottobre”: quei miliziani che hanno aggredito, stuprato, ucciso, vilipeso e rapito gli ebrei nei kibbutz. Tutto firmato col sangue da Hamas. Compresa la susseguente devastazione di Gaza.

È quella la scintilla che ha scatenato la tempesta, è imbarazzante sentire presunti diplomatici o rappresentanti dell’Onu attaccarsi alle “colpe storiche” di Israele per giustificare gli attuali delitti di Hamas e condannare quelli di Israele. In questi giorni, sono molti quelli che attingono alla Storia per spiegare e appoggiare la ribellione di Gaza e dei palestinesi. Per costoro, Israele è il colpevole dell’occupazione, dell’oppressione, del genocidio palestinese. Il problema, però, è che mettendo le mani nella m...armellata della Storia ci si può sporcare. E fa perfino sorridere che ad uscire lordati siano coloro che vogliono il ritiro delle truppe di Netanyahu, indicandolo come criminale di guerra. Costoro pongono fra i principi cardine della soluzione palestinese la creazione di due Stati. Come se non fosse esattamente ciò che aveva messo nero su bianco l’Onu (quella stessa Onu ai quali ieri hanno applaudito perla farlocca risoluzione pro-Palestina e non anti-Hamas, bacchettando addirittura l’Italia che si è giustamente astenuta).

LA STORIA NON MENTE
L’Enciclopedia Treccani, che notoriamente non è un covo di fascisti, nazisti, o sionisti, riporta quanto segue: «Nel novembre del 1947 una risoluzione Onu prevede, nella Palestina da cui gli inglesi se ne stanno andando, la creazione di due Stati: uno arabo palestinese e uno ebraico-palestinese. Gli arabi rifiutano questa risoluzione e dichiarano guerra al futuro Stato ebraico. Per gli ebrei, invece, è un momento di esultanza: dopo quasi duemila anni, hanno di nuovo uno Stato». E continua, la Treccani: «Il 14 maggio del 1948 David Ben Gurion, primo ministro del nuovo Stato, proclama ufficialmente la nascita dello Stato d’Israele. Quello stesso giorno le armate arabe di Siria, Giordania, Egitto e Iraq attaccano il paese. Comincia così la prima di una serie di guerre che Israele si è trovato a combattere contro un fronte arabo deciso a eliminare questa presenza dalla carta geografica. Fra le altre ricordiamo la guerra dei Sei giorni, nel 1967, che portò Israele alla conquista dei cosiddetti Territori, cioè Cisgiordania e Gaza ‒ dove sono stati successivamente creati anche insediamenti ebraici- e la guerra del Kippur, nell’ottobre del 1973». Difendiamo ancora Hamas?

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