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Europarlamento, destra mai così forte: ecco la proiezione dei seggi

Fausto Carioti
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C’è uno schieramento europeo che vola nei sondaggi, e di conseguenza nelle proiezioni dei seggi per il parlamento Ue che sarà eletto a giugno. Al suo interno ci sono il primo partito francese, il primo partito austriaco e il primo partito olandese. Suoi esponenti sono al governo in Italia. Eppure, salvo miracoli, non farà parte della prossima maggioranza europea. Perché il protagonista di questa storia è Identità e democrazia, il Babau sovranista che spaventa Bruxelles e si è dato appuntamento a Firenze domani, nell’evento organizzato da Matteo Salvini

In questa famiglia europea, sotto lo stesso tetto della Lega, convivono il Rassemblement National di Marine Le Pen, il Partito per la Libertà austriaco di Herbert Kickl e il Partito per la Libertà olandese di Geert Wilders, fresco vincitore delle elezioni nazionali (anche se governare non gli sarà facile). Assieme ai tedeschi di Alternative für Deutschland, secondo partito tedesco, accreditato del 21% dei voti, e agli altri affiliati (sono dodici in tutto), oggi valgono l’11,7% in Europa, una soglia che non toccavano dal marzo del 2020.

 


Si votasse oggi, secondo la simulazione appena pubblicata da Europe Elects, che fa un lavoro certosino sulle medie dei sondaggi nazionali, sarebbero la quarta forza del parlamento di Strasburgo e avrebbero 87 seggi su un totale di 720: il 12% dell’assemblea, un livello mai raggiunto, nemmeno nelle proiezioni. Poco più dei conservatori europei capitanati da Giorgia Meloni, accreditati di 82 seggi e pure loro in ascesa, e un filo sotto ai liberal “macroniani” di Renew Europe, che uscirebbero dalle elezioni con 89 europarlamentari, ma, a differenza delle due famiglie di destra, perdono consensi e seggi.  Saranno questi tre gruppi a giocarsi la terza posizione alle elezioni di giugno, e un ruolo decisivo potrebbe averlo Fidesk, il partito del premier ungherese Viktor Orbán, che nel 2021 è uscito dal Partito popolare europeo (quello di Forza Italia), è ancora fuori da ogni schieramento e conta di stringere una nuova alleanza prima delle elezioni, con l’Ecr di Meloni o con Identità e democrazia, portando in dote undici deputati europei (tanti ne eleggerebbe oggi) e un seggio nel consiglio Ue, in cui siedono i capi di Stato e di governo dei Ventisette.

 

 

Nel giro di un mese, dicono le stime di Europe Elects, lo schieramento sovranista di Salvini e Le Pen ha guadagnato undici seggi, grazie a tre fattori. Il primo è olandese: il partito di Wilders ha conseguito un risultato elettorale ben superiore alle attese, così ora gli sono attribuiti cinque seggi in più di prima nell’aula di Strasburgo. Intanto in Francia - secondo fattore - il Rassemblement National ha aumentato i consensi e in proiezione guadagna tre seggi. Infine il partito bulgaro Revival, con i suoi tre eurodeputati potenziali, viene dato per sicuro entrante dentro Identità e democrazia, come conferma anche la presenza del suo leader, Kostadin Kostadinov, all’appuntamento di Firenze.  I due raggruppamenti più forti del parlamento Ue non cambiano: sono il Partito popolare e S&D, l’alleanza tra socialisti e democratici cui appartiene il Pd italiano. Ambedue guadagnano due seggi rispetto a ottobre, portando il totale dei loro eurodeputati, rispettivamente, a 175 e 141. Assieme ai liberaldi Renew Europe, con i quali sono abituati a fare squadra, avrebbero 405 seggi su 720: una maggioranza assoluta ampia, che sulla carta consentirebbe a questo terzetto di controllare il parlamento. Ma non di andare molto lontano. 

 

 

 


A fare la differenza, e ad aumentare le probabilità di un ingresso dei conservatori nella coalizione che sosterrà la prossima commissione europea, è la composizione del consiglio Ue, all’interno del quale oggi ci sono tre premier della famiglia conservatrice: Meloni, il ceco Petr Fiala e il polacco Mateusz Morawiecki. Quest’ultimo presto lascerà il posto al popolare Donald Tusk, ma al suo posto potrebbe arrivare Orbán, in trattative con i conservatori, dai quali lo divide l’atteggiamento verso la Russia di Vladimir Putin: compiacente quello del premier magiaro, dichiaratamente ostile, dopo l’invasione dell’Ucraina, quello di Meloni e degli altri conservatori. In ogni caso non conviene nemmeno alla commissione di Bruxelles lasciare fuori dalla stanza dei bottoni un raggruppamento che conta due o tre capi di governo nel consiglio Ue, uno dei quali è quello di un Paese popoloso e avanzato come l’Italia.

 


Prosegue, intanto, il crollo dei Verdi europei. Alle elezioni del 2019 presero l’11,7% dei voti e 74 seggi, oggi incasserebbero il 7,2% e 52 europarlamentari. Male anche Left, la famiglia che raggruppa le formazioni alla sinistra dei socialisti: in cinque anni i loro voti nella Ue sono scesi dal 6,5 al 5,9%, e in caso di voto avrebbero 38 seggi, tre in meno di quelli ottenuti alle ultime elezioni. In questi anni i proclami di Greta Thunberg e dei suoi discepoli hanno ottenuto l’effetto opposto a quello desiderato: gli elettori del continente sono stanchi di profeti di sventura che, in nome della decarbonizzazione, vogliono imporre ricette che soffocano l’economia e aumentano il costo della vita. 

 

 

 

 

 

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