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Milei, deregulation totale: "Argentina, stato di emergenza fino al 2025"

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L'Argentina "in stato di emergenza" fino al 2025. Lo scrive nero su bianco il presidente Javier Milei firmando il decreto di necessità e urgenza (Dnu) pubblicato oggi nella gazzetta ufficiale argentina.

Il documento si apre appunto con la dichiarazione di "emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, amministrativa previdenziale, sanitaria e sociale fino al 31 dicembre del 2025". Una situazione a fronte della quale, si legge nell'articolo 2, lo Stato "promuoverà e assicurerà l'effettiva vigenza su tutto il territorio nazionale di un sistema economico basato su decisioni libere, adottate in un contesto di libera concorrenza, con rispetto della proprietà privata e dei principi costituzionali di libera circolazione dei beni, servizi e lavoro". A questo scopo, nel Dnu si avverte che si procederà a una "ampia deregolamentazione del commercio, dei servizi e dell'industria", lasciando senza effetto "tutte le restrizioni sull'offerta dei beni e servizi" e ogni legge "che distorca i prezzi di mercato, impedisca la libera iniziativa privata o eviti l'interazione spontanea dell'offerta e della domanda". 

Lo strumento prescelto, in teoria, dovrebbe permettere al capo dello Stato di mettere in campo l'ambizioso piano di riforme nonostante il partito di governo (La libertà avanza, Lla) e i suoi alleati (a partire dal grosso dei parlamentari di Insieme per il cambio, Jxc) non dispongano della maggioranza in nessuna delle due Camere. Il Dnu, come vuole la Costituzione, è a disposizione dell'esecutivo per intervenire in "circostanze eccezionali", a patto che non contenga norme che regolano la "materia penale, tributaria, elettorale o sul regime dei partiti politici". Una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale, passaggio compiuto oggi, il decreto di necessità e urgenza assume validità immediata. Il presidente ha dieci giorni a disposizione per trasmettere il testo alla Commissione bicamerale permanente, sorta di parlamento ridotto cui spetta il compito di pronunciarsi - entro altri dieci giorni utili - sulla validità del decreto e trasmetterlo il testo all'attenzione delle Camere. 

Se la Commissione non si esprime nei tempi previsti, il documento passa in automatico al dibattito nelle aule. Senato e Camera possono solo respingere o accettare il Dnu, ma non possono emendarlo o modificarlo. Il decreto entra definitivamente in vigore nel caso in cui sia approvato a maggioranza assoluta dei presenti in almeno una delle due Camere e respinto se bocciato da entrambi i rami del parlamento. Fino a quando le camere non si pronunciano, il Dnu è in vigore. Il decreto potrebbe essere fermato dalla Corte suprema di giustizia nel caso non si ravvisino gli estremi di "eccezionalità" previsti dalla Carta, ma si tratta di casi non frequenti, ricordano i media locali. A ogni buon conto, solo il pronunciamento definitivo dell'alto tribunale, e non la semplice presentazione di un ricorso, può eventualmente togliere validità al decreto.

Nel frattempo, migliaia di persone si sono riversate nelle strade delle principali città dell'Argentina per protestare contro il mega-decreto per la deregulation dell'economia e la privatizzazione di tutte le aziende statali annunciato dal presidente. Nella capitale Buenos Aires la protesta, iniziata timidamente già pochi minuti dopo l'annuncio, è sfociata con il passare dei minuti in una grande manifestazione spontanea che si è diretta da diversi quartieri verso la piazza del Congresso, nel centro della città, dove verso la mezzanotte erano già radunate diverse migliaia di argentini. "La patria non si vende" e "Milei spazzatura, sei la dittatura", sono stati gli slogan più ascoltati tra i manifestanti. 

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