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Suwalki, il corridoio della paura: dove può esplodere la guerra tra Putin e Nato

Marco Patricelli
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I corridoi terrestri verso il Mar Baltico qualche problema l’hanno sempre creato. Ieri il Corridoio di Danzica, oggi quello di Suwalki. In mezzo, i riassetti geopolitici in un secolo esatto di rivolgimenti, spostamenti di confini, riequilibri di forze e di alleanze, cambi di regime e nuove prospettive. Mentre la città e il territorio di Danzica sono onnipresenti sui libri di storia, Suwalki è limitata alla conoscenza di storici e diplomatici polacchi e lituani per un accordo o trattato talmente ambiguo e ambivalente su cui non c’è neppure concordia di denominazione. Correva il 1920 e gli attori erano Polonia e Lituania che si disegnavano i confini con atti di forza e atti pergamenati assai meno efficaci. Oggi Suwalki dà il nome a una lingua di terra che segna le frontiere tra i due Paesi confederati fino al XVIII secolo, su cui nessuno ha da ridire, se non fosse che quel corridoio di poco più di un centinaio di chilometri congiunge la città bielorussa di Hrodno all’exclave russa di Kaliningrad, l’oblast di poco più di 15.000 chilometri quadrati rimasto territorialmente separato dalla madrepatria dopo la caduta dell’Urss e l’affrancamento di Estonia, Lettonia e Lituania dal giogo sovietico.

PAURE NORDICHE
Improvvisamente quel corridoio è diventato importante, e ancor di più con la guerra mossa da Vladimir Putin all’Ucraina, che ha provocato l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, doppia mossa tale da trasformare il Mar Baltico in un lago “occidentale”, lì dove il Cremlino teneva un’agguerrita e temuta flotta da guerra. Lo scenario determinato dagli scombussolamenti post 1989 portò subito il Cremlino a correre ai ripari cercando di negoziare la creazione di un corridoio extraterritoriale, andandosi però a scontrare contro il muro opposto da Varsavia, Vilnius e pure Bruxelles, con un “no” reiterato agli inizi del terzo millennio.

 

 

Un pessimo precedente, unito ai forti sospetti verso la politica riespansionista di Mosca, aveva chiuso una porta che rievocava l’infausta esperienza di Danzica. Dopo la fine della prima guerra mondiale, non sapendo se assegnarla alla Germania per motivi etnici (la schiacciante maggioranza della popolazione era tedesca) o alla Polonia per motivi storici e strategici, le potenze decisero di non decidere proclamandola Città libera sotto controllo della Società delle nazioni e la guida di una serie di alti commissari (tra cui l’italiano Bernardo Attolico nel 1920). Danzica faceva parte della Prussia orientale, culla dell’unificazione tedesca, rimasta separata dalla Germania a causa della lingua di terra assegnata alla Polonia per uno sbocco al Mar Baltico, dove venne costruita in tempi record la città di Gdynia da un villaggio di pescatori.

IN PRINCIPIO ERA DANZICA
Era questo il Corridoio polacco, sempre mal sopportato dalla Repubblica di Weimar e poi finito all’indice con l’avvento del nazismo che aveva incrementato propaganda e disordini per far riunire Danzica al Reich. Il 5 gennaio 1939 Adolf Hitler aveva accolto a Berchtesgaden il ministro degli Esteri polacco Józef Beck con un pacchetto preconfezionato per la soluzione definitiva dei contenziosi chiedendo l’annessione di Danzica e la costruzione di una ferrovia e di un’autostrada extraterritoriali che dovevano attraversare il Corridoio polacco. Un corridoio nel corridoio, tanto per complicare le cose. Di fronte allo scontato rifiuto, il 28 aprile il Führer al Reichstadt annullava unilateralmente il patto di non aggressione tedesco-polacco del 1934 e preparava la guerra, divampata con le cannonate della vecchia corazzata Schleswig-Holstein a Westerplatte, alle 4.45 del I settembre 1939 e poi diventata mondiale. Il corridoio di Suwalki è vitale per i commerci tra la Federazione russa e l’exclave di Kaliningrad attraverso la Bielorussia. Kaliningrad si chiama così dopo aver cancellato dalla toponomastica la Königsberg prussiana patria di Emmanuel Kant e la russificazione di quel territorio da dove i tedeschi vennero cacciati in un esodo biblico provocato dal terrore e dalle violenze dell’Armata Rossa nel 1945 con uccisioni e stupri di massa.

 

 

Militarmente il Cremlino l’aveva definita “bolla di interdizione” alla Nato e la ritiene ancor di più nevralgica da quando la Lituania ha chiuso il traffico ferroviario alle merci russe lungo il corridoio di Suwalki in ottemperanza alle sanzioni per la guerra all’Ucraina, e da giugno 2022 col blocco di materiali quali metalli, carbone, prodotti tecnologici e chimici e persino alcool e derivati. Il portavoce Dmitrij Peškov ha accusato Vilnius di aver compiuto un atto illegale. La rimilitarizzazione di quell’area da parte della Nato è spiegabile col fatto che un’azione-lampo dalla Bielorussia e dalla Russia paralizzerebbe i tempi di una reazione efficace e taglierebbe fuori in poche ore Estonia, Lettonia e Lituania, nonché le vie di comunicazione su strada dalla Polonia alla Finlandia (via Baltica) e su ferrovia dai Paesi Baltici a quelli dell’Unione Europea. Da quelle parti nei corridoi ci sono da un secolo spifferi fastidiosi e tira quasi sempre una brutta aria. 

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