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Romano Prodi e l'illusione dell'esercito europeo: perché è un bluff

Gianluigi Paragone
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Se me lo dicevi prima cantava il grande Enzo Jannacci. Ecco, mi sembra una sintesi perfetta per la solita dichiarazione inzuppata di retorica europeista firmata da Romano Prodi. «Se l’Europa avesse avuto un esercito...». Ci risiamo con questa frase che sentiremo frequentemente nel corso della campagna elettorale. La classica foglia di fico per coprire il bluff europeo. L’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue, nell’intervista al magazine 7 del Corriere della Sera, non è stato né il primo a dire una cosa del genere e soprattutto non sarà l’ultimo. L’esercito come prossima sfida, come prossimo grande obiettivo perché «se avessimo l’esercito...».
L’Europa non ha l’esercito perché non era una sua priorità politica; anzi a dirla tutta avevano persino costruito una equazione di pura fantasia: euro uguale pace. «Grazie all’Europa non avremo più guerre», dicevano per allontanare i fantasmi delle Nazioni e delle Patrie.

«Penso proprio, anche se non ne posso avere alcuna prova, che se l’Europa avesse avuto un esercito la Russia non avrebbe aggredito l’Ucraina». Tesi ardita. Sarebbe più plausibile sostenere che se l’Europa non si fosse legata così profondamente all’energy power russo, Putin si sarebbe posto molti più problemi ad attaccare. «L’esercito europeo va fatto subito- riprende Prodi - La gente si chiede: quanto mi garantisce questa Europa?». Non è vero, la gente non dorme la notte per gli effetti della crisi economica: la compressione del potere d’acquisto e il lavoro sempre meno retribuito. Ovviamente Prodi non può battere su questo tasto per il semplice motivo che fu colui che disse che «grazie all’Europa lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se avessimo lavorato un giorno in più». Non è andata esattamente così.

 


Quella di Romano Prodi- che azzecca solo la definizione di Macron: «Il presidente francese ama fare il primo della classe» - è una tesi costruita sul nulla. Primo, fare oggi un esercito non significa granché se non sei una potenza o non sei riconosciuto come tale. Ecco, l’Europa non è una potenza né si sente alcuno riconoscere tale ruolo. Il ragionamento del padre dell’Ulivo è: «Possiamo pensare a un esercito europeo in cui un Paese, la Francia, ha l'arma nucleare e il diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, e gli altri no? Non si può fare il primo della classe e rifiutarsi di comprendere quali sono i compiti del primo della classe». La Francia è un “resto di potenza” e comunque non sarà disposta a un ulteriore downgrade militare per un “contenitore” vuoto: quel rimasuglio di peso internazionale che ha se lo tiene stretto e, anzi, lo proietta in Europa. Come la Germania ha giocato la propria golden share sull’economia, la Francia lo fa sulla difesa e sulla politica internazionale. Del resto l’Europa non ha mai fermato la Francia quando andava ad atteggiarsi ancora da padrona nelle sue ex colonie in Africa, battendo moneta e usando sue milizie come protezione dei “propri” spazi, giacimenti in primis.

 


La Ue non ha la postura di “potenza” e non ne ha il linguaggio: fare un esercito significa risvegliarsi dalla ipnotica retorica pacifista: le potenze fanno guerre e non si limitano a guardare gli scenari; è orribile a dirsi ma è la realtà. Infine allestire un esercito significa allestire una cospicua voce di bilancio che al momento non c’è e non vedo come si possa farla digerire a popolazioni che, per decenni, sono state costrette a riforme all’insegna dell’austerità. Per chiudere se l’Europa pensa di fare l’esercito senza fare i conti con il popolo commetterebbe lo stesso errore commesso con la moneta. «La gente ama l’Europa quando l’Europa c’è», sentenzia Prodi.
No, il popolo amerà l’Europa quando l’Europa amerà il popolo e gli darà la possibilità di votare su questo sgangherato progetto.

 

 

 

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