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Joe Biden usa le agenzie federali per scovare i suoi elettori: l'ordine esecutivo

Federico Punzi
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Il successo del film “Civil War” rende bene l’idea del clima di massima polarizzazione che regna negli Stati Uniti alla vigilia di una delle elezioni presidenziali più conflittuali di sempre, in cui i due principali candidati non riconoscono legittimità all’avversario. Per Trump, Biden è un usurpatore che ha rubato l’elezione del 2020. Per Biden, Trump è un pericolo per la democrazia. Il film parla di una seconda guerra civile che vede contrapposti non sudisti e nordisti, ma stati dell’Est e dell’Ovest. Il regista Alex Garland ha cercato di mischiare le carte per evitare una facile identificazione delle due fazioni, ma il messaggio è chiaro: potrebbe accadere in un futuro non troppo lontano. Il film giusto al momento giusto, insomma, visto che entrambi accusano l’avversario di voler provocare una guerra civile.


Per i Dem, che hanno già accusato Trump di insurrezione per l’assalto della folla al Campidoglio il 6 gennaio 2021, l’ex presidente sarebbe pronto a scatenarla, se non rieletto. Mentre nel mondo conservatore c’è chi ritiene siano i Democratici a volerla provocare: non con armi e proiettili, ma usando le istituzioni federali per restare al potere. L’“insurrezione preventiva” dei Democratici è già in atto nei tribunali, nello Studio Ovale, nelle agenzie federali. Biden sta usando le agenzie federali, quindi il denaro dei contribuenti, per registrare e mobilitare categorie mirate di elettori, quelle maggiormente predisposte o interessate a sostenere la sua rielezione. Nel marzo 2021, ha firmato un ordine esecutivo, «Promuovere l’accesso al voto», che ordina alle agenzie federali di sviluppare piani per fornire al pubblico l’accesso ai servizi di registrazione elettorale con l’aiuto di gruppi esterni “approvati”, nonché di assistere il pubblico nelle domande di voto per posta.

 


Di norma è buona cosa che ogni cittadino avente diritto al voto abbia la possibilità di votare e sia incoraggiato a farlo, il dubbio è sulla imparzialità delle agenzie federali e dei gruppi coinvolti, che potrebbero indirizzare i propri sforzi e le risorse pubbliche nel mobilitare i potenziali elettori di Biden. Basta dare un’occhiata ai soggetti coinvolti: a febbraio, la vicepresidente Kamala Harris ha annunciato una serie di iniziative, tra cui quelle del Dipartimento della Salute, che ha inviato il modulo di registrazione agli iscritti a Healthcare.gov; mosse analoghe dal Dipartimento dell’Agricoltura a quello dell’Istruzione.

 

 

Queste agenzie federali non hanno alcuna esperienza in materia elettorale quindi si rivolgono ai gruppi di sinistra che da anni lavorano sul campo, come rivelano i documenti ottenuti dall’Oversight Project della Heritage Foundation. Come riportato dal Washington Examiner, nell’estate 2021 la Casa Bianca ha convocato un incontro su Zoom con molti gruppi di sinistra – tra cui Demos, Open Society, Black Voters Matter ecc. – per pianificare l’attuazione della direttiva. Per la Heritage Foundation il problema non è solo la partigianeria dei gruppi. Il governo federale non dovrebbe occuparsi della registrazione degli elettori: «Troppo elevato il rischio che il partito che controlla l’Esecutivo lo utilizzi per manipolare chi viene registrato».

 

 

Una legge del 1939 (Hatch Act) vieta ai dipendenti del governo federale di impegnarsi in attività politiche durante il servizio. I Democratici sostengono che formalmente queste attività non sono “politiche” perché non promuovono esplicitamente i candidati democratici. Ma queste iniziative non sono rivolte a tutto l’elettorato attivo, bensì ai destinatari di specifici programmi governativi che hanno maggiori probabilità di votare democratico. Una campagna politicamente mirata, dunque, finanziata inconsapevolmente dai contribuenti. Una volta raccolte le registrazioni, non sarà nemmeno indispensabile che quelle persone si rechino effettivamente ai seggi. Basteranno il voto per posta e il “ballot harvesting”, come nel 2020.

 

 

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