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Papa Francesco nel mirino dei sindacati: class action in Vaticano

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La notizia è curiosa per molti aspetti. E si presta a non poche riflessioni, fra il serio e il faceto. Anzi, il serio, pur non essendo di immediata evidenza, ci sembra davvero interessante. Di cosa si tratta è presto detto: per la prima volta nella storia i dipendenti del Vaticano (49 per la precisione) hanno presentato un’istanza collettiva sindacale contro il Governatorato, cioè in ultima istanza contro il Capo di quel piccolo e atipico Stato incastonato fra le mura leonine nel centro della città di Roma. Il loro bersaglio, nemmeno troppo nascosto, è proprio il Santo Padre, il regista occulto dello “sfruttamento” che li angustia. Una vera e propria class action, per dirla all’americana.

Nulla di politico in senso stretto, per carità, male più classiche rivendicazioni dei lavoratori di tutto il mondo: più sicurezza, più diritti sul lavoro, meno visite fiscali in caso di malattia, un migliore trattamento economico, più rispetto e dignità. Una frase colpisce soprattutto nell’istanza presentata: i dipendenti si sentirebbero “trattati come merce”, nonostante che il Papa “parli di diritti”. Che è suppergù quel fenomeno che Karl Marx, colui che definiva la religione “l’oppio dei popoli”, chiamava alienazione, cioè il rendersi altro da sé dell’uomo, il farsi cosa. 

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