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Israele, il Paese sprofondato d'un tratto nell'incubo: nessuno potrà mai dimenticare quelle ore

David Zebuloni
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Il 7 ottobre 2023 , un anno esatto fa, mi trovavo a Tel Aviv. È proprio vero che i traumi rimangono impressioni: io che dimentico sempre tutto, ricordo ogni particolare di quella giornata apocalittica. Ricordo le prime voci confuse circa un attentato nel sud del paese. 27 morti è stato il primo numero riportato dai media locali. Cosa? Mi sembravano tantissimi. Erano tantissimi. 27 vite interrotte per mano dei terroristi. Ricordo l'orrore provato inizialmente, e ricordo l'orrore provato successivamente nel vedere quel numero lievitare di ora in ora. 100 morti. 200 morti. 300 morti . «Hanno preso anche degli ostaggi». Ostaggi? È impossibile.  Quanti? Due, anzi, cinque, anzi dieci, anzi cinquanta. Ricordo Tel Aviv svuotarsi in un baleno. La città che non dorme mai, è entrata in letargo nel giro di pochi minuti. Ricordo di essere sceso di casa per capire l'entità del dramma. « Sono un giornalista , devo documentare ciò che sta accadendo», mi sono detto in un momento di smarrimento. Pensavo di intervistare qualche passante, di raccontare il caos circostante. Non mi aspettavo di trovare le strade vuote come nel più rigido dei lockdown. Poi una volante della polizia si è fermata davanti a me. «Perché non sei in casa? Torna subito dentro , è pericoloso stare fuori», mi ha ammonito il poliziotto. «Mi può raccontare cosa sta succedendo?», gli ho domandato. «Immaginati il ​​tuo peggior incubo. Ecco, molto peggio. Centinaia di terroristi hanno sfondato il recinto, sono entrati nei Kibbutzim, stanno compiendo una strage. Potrebbero arrivare qui, torna subito a casa», mi ha spiegato lui. (...)

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