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Siria, mistero su chi spinge i jihadisti: Turchia, Israele, Arabia o Usa?

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Giovanni Longoni
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La Guerra di Siria scoppiò nel 2011 come varietà locale delle Primavere arabe. A differenza di altri raìs, Bashar Assad resistette, chiamando in suo aiuto prima l’Iran e i suoi basisti libanesi di Hezbollah, poi la Russia.

Per questo qualcuno in Occidente ha voluto vedere nel conflitto siriano una moderna “Guerra civile spagnola”: nel ’36-’39 ci fu la prova generale del ’39-’45 con i regimi nazifascisti da una parte, le democrazie occidentali e la dittatura staliniana dall’altra. In Siria, invece, sarebbe andata in scena la resa dei conti fra l’asse dei tiranni Putin-Khamenei-Nasrallah-Assad contro... E già qui la semplificazione vacilla. Perché i nemici del sanguinario figlio dell’ancora più sanguinario Hafez Assad costituivano un fronte tutt’altro che unito e soprattutto poco raccomandabile. Sulla rivolta popolare, come era accaduto anche in Tunisia ed Egitto, misero il cappello milizie fondamentaliste, in pariticolare Daesh o Isis.

Altri jihadisti scesi in campo guardavano alle potenze sunnite- Turchia, Qatar, Arabia Saudita - e ai loro quattrini. Infine, cobelligeranti con i fanatici, c’erano anche i Curdi (filoamericani). Insomma, un gran guazzabuglio e una guerra di tutti contro tutti.

L’intervento deciso della Russia, il lavoro sporco dei pasdaran e di Hezbollah, garantirono ad Assad la vittoria. Il prezzo per il Paese fu di quasi 7 milioni di profughi e altrettanti sfollati interni. Ma il controllo totale del Paese non è stato ancora garantito (c’è persino una base americana nel Nord). Sono rimaste sacche di “ribelli” come quelli che da Ildib sono calati su Aleppo in questi giorni. Della guerra iniziale è rimasto un carattere distintivo: il casino. Chi sono le milizie che stanno facendo vacillare il potere del partito Baath? Si chiamano Hayat Tahrir al-Sham, cioè Organizzazione per la liberazione del Levante e hanno fatto parte della galassia di al-Qaeda almeno fino al 2016 quando il leader Abu Muhammad al-Jawlani decise di recidere il cordone ombelicale dagli orfani di Osama bin Laden. 

HTS si consolò passando sotto l’ala protettrice della Turchia di Racep Tayyip Erdogan sotto la quale se ne starebbero ancora oggi. Ne è convinto Asli Aydintasbay, esperto di Turchia al Brookings Institution (think tank americano), citato dal Wall Street Journal: «La Russia è indebolita, l’Iran è indebolito, Hezbollah è sconfitto. Si è creata una enorme opportunità perla Turchia e Ankara è stata lesta ad afferrarla». Quindi Erdogan, che dice peste e corna di Israele, starebbe beneficiando delle vittorie «sioniste». Strano? C’è un’altra cosa difficile da accettare: Ankara ha accolto 3,7 milioni di siriani e non vede l’ora di rispedirli indietro. Per questo da mesi Erdogan cerca una intesa con Damasco. Il riavvicinamento non è mai stato completato e in quest’ottica l’attacco HTS su Aleppo sarebbe segno dell’insofferenza del “Sultano”. Difficile da credere. Il Wall Street Journal sembra non escludere nemmeno che le accuse iraniane al «regime sionista» abbiano un fondo di verità.

«Che Iran ed Hezbollah siano distratti su altri terreni di guerra è un aspetto positivo per Israele», sostiene Nadav Pollak, ex agente dei servizi dello Stato ebraico e oggi docente al Reichman College di Herzliya. È anche vero che Israele ha condotto 70 attacchi aerei su suolo siriano nell’ultimo anno (dati del Washington Post), raid che si sono intensificati nelle ultime settimane. Come se Netanyahu, sistemate le cose a Gaza e in Libano, avesse finalmente le mani libere per una resa dei conti con Assad. Però quando le Israeli Defense Forces hanno colpito in Siria lo hanno fatto mirando a obiettivi iraniani. E poi: che vantaggio ne avrebbe Gerusalemme a vedere crollare Assad sostituito, nella migliore delle ipotesi, da un regime tipo quello egiziano di Morsi?

C’è addirittura una pista che porta a Kiev: come scrive Maurizio Stefanini qui accanto, l’Ucraina avrebbe dato una mano ai ribelli per incastrare Putin. In realtà la risposta alla domanda su chi sta dietro all’HTS potrebbe essere più semplice, una risposta che annidi inanità obamiana ci hanno reso poco familiare. E cioè: gli Usa insieme con l’Arabia Saudita, come ai vecchi tempi. Quale sarebbe il loro vantaggio? Con una sola mossa, incastrare Putin, Iran, Assad e indebolire la presa ferrea degli sciiti sul Libano. Questo spiegherebbe anche l’intervento curdo ad Aleppo. Naturalmente è tutto un gran casino.

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