Locomotiva all'angolo: la Germania traballa e l'Italia prende spazio

Il pasticcio visto ieri consegna il principale Paese europeo nella mani di un leader azzoppato, con una maggioranza risicata, espressione di un compromesso al ribasso. Roma può giocare un ruolo di primo piano
di Daniele Dell'Orcomercoledì 7 maggio 2025
Locomotiva all'angolo: la Germania traballa e l'Italia prende spazio
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Il pericolo, Friedrich Merz, non l’aveva proprio visto arrivare. Per celebrare trionfalmente il suo mandato da Cancelliere, ieri mattina il leader della Cdu/Csu s’era presentato al Bundestag con in tasca un patto di governo e una lista di ministri già pronta, circondato da leggende della politica come Angela Merkel e personalità del mondo scientifico, come Alexander Gerst, astronauta già pronto a salutare la sua spaziale ascesa. Invece, Merz ha fatto l’opposto, inaugurando una nuova, incerta fase della politica sia tedesca che europea. Mai prima d’ora un candidato cancelliere con numeri sulla carta sufficienti era stato bocciato alla prima votazione. Certo, l’umiliazione è stata in parte attenuata dal secondo voto, tenuto poche ore dopo grazie ad una procedura d’urgenza, che ha finalmente eletto Merz con 325 voti, appena nove oltre la soglia richiesta.


Male crepe della “Kleine Koalition”, la piccola coalizione che tiene insieme i cristiano-democratici e i socialdemocratici di Spd, sono evidenti. Qualcuno tra le stesse fila della Cdu/Csu ha voluto far pagare a Merz la sua posizione più morbida sul “freno al debito”, una regola aurea della politica fiscale tedesca che Merz aveva promesso di difendere in campagna elettorale e poi sacrificato per finanziare i piani di riarmo e modernizzazione. Un tradimento che s’è trasformato in un assist per la destra radicale di AfD, che già nelle scorse settimane aveva continuato a capitalizzare il malcontento e punta a diventare la prima forza politica del Paese. Il risultato di questo pasticciaccio brutto è un cancelliere appena insediato e già indebolito, espressione di una coalizione tra tante virgolette (di per sé, i partiti di governo possono contare su 328 voti, appena 12 sopra il quorum) che somiglia più a un compromesso per evitare il peggio che a un progetto politico autentico. In più la Germania, per decenni maestrina di stabilità per tutti i Paesi dell’Europa mediterranea, deve accettare ora di essere “più italiana” che mai: non sa più formare governi senza inciampare su se stessa, scopre l’esistenza dei franchi tiratori come se fossero un virus esotico, guarda al futuro con più dubbi che certezze. In questo senso, la crisi tedesca ha anche ricadute europee.

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Un Merz che zoppica significa anche un asse franco-tedesco storpio, una leadership Ue a cui inizia a mancare la terra sotto ai piedi (Ursula von der Leyen, tra l’altro, è tedesca ed esponente dello stesso partito di Merz) un Partito Popolare Europeo che a parole si proclama “guida” dell’Unione ma che nei fatti si ritrova smarrito, inseguito dai fantasmi delle estreme destre che vorrebbe contenere ma finisce per inseguire. Il tentativo di imitarle nei temi e nei toni non produce altro che copie sbiadite. Così l’elettore sceglie l’originale, fregandosene delle accuse mosse ad AfD dai servizi. Per nascondere il danno d’immagine, a Merz non basteranno certo le visite programmate a Parigi e Varsavia (già oggi). L’incontro con Emmanuel Macron era studiato per suggerire l’immagine di una diarchia solida, e invece sembrerà una visita fisioterapica (in quanto a zoppichìo, non è che il titolare dell’Eliseo se la passi tanto meglio); quello con Donald Tusk in Polonia serviva a rafforzare il fronte europeista anti-russo, ma ora il messaggio sarà meno rassicurante di quanto si voglia far credere. Perché la leadership europea è anche (e soprattutto) questione di autorevolezza. E Merz, per ora, ne ha mostrata poca. Comodamente seduta sulla poltrona di Palazzo Chigi, Giorgia Meloni si gusta la scena pop-corn in mano, confermandosi, quasi per inerzia, leader più stabile del Vecchio Continente. Facendo leva sulla sua solidità di governo, che l’ha resa credibile anche a livello internazionale, Meloni potrà dare lezioni di politica alla Germania, e puntare con ancor più veemenza alla costruzione di un ponte con l’America di Donald Trump. Così da contrapporre all’assordante allarme che risuona sull’intero progetto comunitario, il coro di angeli che si leva ogni volta che Roma parla con Washington.

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