La Romania al voto, ammucchiata contro Simion

Il leader sovranista che aveva dominato il primo turno si trova di fronte il sindaco moderato di Bucarest, su cui confluiscono i voti di molte sigle
di Daniele Dell'Orcosabato 17 maggio 2025
La Romania al voto, ammucchiata contro Simion
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Nel “Super Sunday” elettorale del Vecchio Continente, gli occhi dell’Europa sono tutti puntati su Polonia, Portogallo e Romania. Il terrore di Bruxelles è, come sempre, l’ascesa delle destre più o meno radicali, come se fosse una tragedia poi. A Bucarest, è bagarre sul ballottaggio presidenziale tra George Simion, leader della destra nazionalista di Aur, e Nicusor Dan, sindaco centrista della capitale. Un duello che gli ultimi sondaggi indicano come serratissimo, con entrambi i candidati che oscillano tra il 48 e il 52% delle intenzioni di voto.

Dopo il primo turno, Simion, che raggiunse il 40% dei voti catalizzando soprattutto il malcontento anti-establishment, sperava in una cavalcata quasi trionfale. Tuttavia, la frammentazione dei partiti di sistema del primo turno sta creando una sorta di modello d'opposizione alla francese capace di concentrare i voti di tutti su Dan. Sarà una sorta di sfida finale, l'ultimo capitolo di una storia da romanzo iniziata lo scorso novembre, quando il primo turno presidenziale fu vinto a sorpresa dall’indipendente ultranazionalista anti-Nato Calin Georgescu. La Corte costituzionale annullò il voto per gravi irregolarità e presunte ingerenze russe, estromettendo poi Georgescu dalla nuova competizione fissata per questa primavera.

La sua eredità è stata così raccolta da George Simion, 38 anni, che pur essendo a Bruxelles membro di un gruppo europeista, l'ECR (lo stesso di Fratelli d'Italia), e pur avendo un ottimo rapporto con gli Stati Uniti e con la Nato, è riuscito ad emozionare una grande fetta di romeni (specie all'estero) stanca del sistema di potere prima comunista, poi socialdemocratico e progressista, che ha guidato la Romania dopo la caduta di Ceausescu. Carismatico, radicale e lontano dai circuiti tradizionali del potere (con un passato nelle curve calcistiche e nell'attivismo di strada), Simion ha spinto forte contro la corruzione, l'inefficienza e l'ideologia, per puntare invece sull'unione dei patrioti romeni dentro e fuori i confini del Paese. La Romania, da anni, vive una profonda crisi economica e istituzionale, e l’exploit del suo partito ne è il riflesso diretto.
Dan, dal canto suo, ha recuperato terreno. Forte di una base moderata, il sindaco indipendente – eletto nel 2020 e confermato nel 2024 – ha ottenuto poco meno del 21% al primo turno. Ora, appoggiato dai liberal-conservatori dell’USR e dai liberali del PNL, punta a mobilitare l’elettorato indeciso e quello della diaspora, circa il 20% del corpo elettorale. Il destino della Romania potrebbe cambiare drasticamente, pur essendo comunque destinatia virare verso destra. Moderata o radicale che sia. Simion, che si ispira a Viktor Orbán e grande sostenitore del governo Meloni, è considerato il volto di una possibile svolta euroscettica. Sebbene in realtà il suo ostracismo sia più diretto nei confronti di Ursula von der Leyen in sé. Tra i suoi alleati europei figurano i polacchi del PiS, altri membri del gruppo dei Conservatori e Riformisti, ma anche partiti di altri raggruppamenti, come gli spagnoli di Vox, i portoghesi di Chega e la Lega di Salvini. È un grande fan di Donald Trump e – se eletto – potrebbe ostacolare le politiche europee su Ucraina e immigrazione, proprio come fanno già Ungheria e Slovacchia.

Consapevole delle critiche, Simion ha preso le distanze dal Cremlino: «La Russia è il pericolo più grande per la Romania», ha detto, ribadendo l’adesione di Bucarest a Nato, Ue e partnership strategica con gli Stati Uniti. Tuttavia, continua ad opporsi a una maggiore integrazione europea, preferendo un’Unione fondata sulle sovranità nazionali. Un punto chiave sarà la nomina del nuovo primo ministro, dopo le dimissioni del socialdemocratico Marcel Ciolacu, travolto dalla sconfitta del suo candidato Crin Antonescu.

E proprio qui si è aperto un nuovo fronte. Dan è sostenuto dal PNL e dall’USR (che per appoggiarlo ha addirittura scaricato la sua leader). Ma il PSD di Ciolacu ha scelto il silenzio, evitando almeno ufficialmente qualsiasi endorsement. Il Partito Socialista Europeo, al contrario, ha lanciato un appello a votare per Dan, l’unico dichiaratamente pro-Ue e filo-ucraino. Secondo indiscrezioni, il PSD starebbe valutando un’alleanza parlamentare con l’Aur, colpo di scena che scuoterebbe gli ambienti europeisti. Intanto, Simion si è detto aperto a cercare un consenso ampio per stabilizzare il Paese. Dopo aver inizialmente proposto Georgescu come premier, ha recentemente dichiarato di essere disposto a dialogare persino con Dan.

Alla fine, tutto potrebbe dipendere dall’affluenza. Più cittadini si recheranno alle urne, maggiori saranno le chance per il sindaco di Bucarest. E il voto di domani rischia di essere ben più che una semplice elezione: per molti osservatori, sarà un vero e proprio referendum sull’identità geopolitica della Romania.