Romania, il manuale per mostrificare un candidato e chi lo vota

Preoccupa quanto accaduto ai leader sovranisti rumeni Georgescu e Simion e ai loro elettori, e in generale lo stato di salute della democrazia a Bucarest e nell’Ue
di Daniele Capezzonemartedì 20 maggio 2025
Romania, il manuale per mostrificare un candidato e chi lo vota
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Chi scrive non è esattamente un ammiratore politico né di Calin Georgescu né di George Simion. Anzi, se devo dirla tutta, penso che alcune formazioni europee di destra dovrebbero riflettere meglio sui loro candidati e front men: scegliendo figure troppo connotate in senso protestatario e filorusso, il rischio di essere caricaturizzati aumenta, e - in parallelo si riducono le chances di essere considerati una alternativa di governo credibile, con ciò consegnando agli avversari maggiori probabilità di vittoria. Esattamente il contrario di ciò che da anni fanno con intelligenza e successo qui in Italia Fdi-Lega-Fi. Ma a maggior ragione occorre provare una certa preoccupazione per quanto è accaduto nei confronti dei due leader sovranisti rumeni e soprattutto dei loro elettori, e – più in generale – per lo stato di salute della democrazia a Bucarest e nell’Ue.

Partiamo dalla fine: gli eurolirici, i progressisti pronti a rilasciare patenti di legittimazione, e gli immancabili “correttori” del popolo possono esultare. Nel ballottaggio per le presidenziali il loro campione, il sindaco di Bucarest Nicusor Dan, ha infine prevalso. Sui giornali di ieri è stato dunque squadernato tutto il repertorio che immaginate: petali di rose per il vincitore («un genio della matematica che combatte la corruzione», garantisce il Corriere, che esulta per lo «schiaffo ai sovranisti») e pesci in faccia per lo sconfitto («muro europeo», festeggia Repubblica). Il quale sconfitto, pur mostrificato dai nostri media, si è alla fine complimentato con il neopresidente. Ma come, non era un mostro pronto a incendiare la Romania?

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Siamo sempre lì, alle ben note tre regolette. Primo: bisogna rivotare finché il popolo non “vota bene”. Secondo: il vincitore, pur non essendo socialista, è immediatamente “adottato” dalla sinistra. Terzo: lo sconfitto di destra rimane comunque “inquietante”. C’è anche un corollario: meglio non parlare delle elezioni andate meno bene per la sinistra (vedi Portogallo). Tutto pronto invece per ripetere lo schema “buoni contro cattivi” in Polonia, dove ci si prepara a un prossimo ballottaggio presidenziale. E così ogni elezione in giro per il mondo diventa una sorta di surreale “tempo supplementare” per ribaltare moralmente le partite perse dalla nostra sinistra nelle urne italiane.

Ma torniamo a Bucarest e facciamo un rapido riassunto delle puntate precedenti. Nel dicembre 2024, sulla base di un’ondata di presunta “disinformazione online” e di cosiddette “interferenze esterne”, la Corte costituzionale rumena ha annullato l’esito di un primo voto per le presidenziali. Poi, mesi dopo, Georgescu è stato oggetto di uno strano e anomalo fermo di polizia, con accuse rimaste nebulose. E infine, alcune settimane più avanti, la sua candidatura è stata rigettata: par di capire, con un “voto di coscienza” da parte della maggioranza dei membri della Commissione elettorale, senza che siano state ben indicate né formalizzate contestazioni relative alle modalità di presentazione della candidatura di Georgescu alle presidenziali.

Nella capitale rumena è ovviamente scoppiato il caos: a quel punto, i sostenitori di Georgescu hanno manifestato, non sono mancati scontri con la polizia, e le polemiche sono state a lungo roventi. E in effetti c’è da trasecolare davanti alla naturalezza con cui qualche mese fa fu invalidata un’elezione, e con la quale in seguito si è eliminato in anticipo un candidato: così, “all’iraniana”, con una selezione preventiva arbitraria e non democratica. E la Commissione Ue?

Ostentatamente, non ha commentato: verrebbe da dire che ha taciuto e acconsentito. Così come hanno taciuto e acconsentito i soloni abituati a impartire lezioni di democrazia a tutti (inclusi leader stravotati come Trump) ma che in questo caso ora non hanno fatto un plissé davanti a un episodio abnorme. Ma veramente vogliamo accettare l’idea che un’elezione possa essere ribaltata o ripetuta se il popolo non vota “bene”? O che un candidato possa essere buttato fuori se c’è il “rischio” che la gente lo voti? Una democrazia è tale se non stravolge le proprie regole in base al fatto che possa vincere o perdere un candidato “sgradito”.

Georgescu era eccessivamente filorusso? Certo che sì. E lo stesso vale per il suo successore. Ma queste posizioni - come ogni altra - vanno affrontate in campo aperto. Altrimenti con che faccia si critica - giustamente - l’autocrazia di Mosca, se poi da queste parti si adottano metodi simili? Insomma, un inaccettabile doppio standard: matita blu per correggere le sgrammaticature vere o presunte di Trump (votato e stravotato dai suoi concittadini), e invece improvvise amnesie quando sarebbe necessario denunciare quanto sia logoro il tessuto delle nostre democrazie, e quanto sia forte la tentazione di silenziare il popolo. Non finirà bene, c’è da temere. In compenso, almeno fino al ballottaggio di ieri, si stava materializzando uno spettacolare contrappasso. Ricorderete infatti che, al primo turno delle “seconde” presidenziali, l’erede di Georgescu, Simion (che si era presentato al seggio accompagnato proprio da Georgescu) aveva raccolto un risultato addirittura doppio rispetto a quello registrato dal suo predecessore a fine 2024, avvicinandosi al 40%. Ma al secondo turno, come abbiamo visto, non ce l’ha fatta. Ed è diventato ancora più “mostro”. Vae victis. 

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