Una trama fumosa, e visto che di mezzo c’è della radioattività non è proprio un bene. È inizio giugno quando l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica che opera all’interno delle Nazioni unite, pubblica l’ultimo report in ordine di tempo, dal titolo “NPT Safeguards Agreement with the Islamic Republic of Iran”: un’approfondita analisi relativa all’ultimo trimestre sulle indagini condotte nel Paese mediorientale in merito all’arricchimento dell’uranio. È da questo documento che emergono le preoccupazioni dell’agenzia e del suo direttore, Rafael Grossi, sull’operato di Teheran. Nel riaffermare le difficoltà a collaborare con le autorità locali, si sottolinea che l’Iran ha proceduto ad arricchire l’uranio fino al 60%, ben oltre qualsiasi soglia a scopo civile.
LA VERITÀ
La corsa all’arricchimento, si legge, solleva importanti interrogativi che spingono a concludere che il vero intento dei vertici iraniani sia di prepararsi a produrre rapidamente grandi quantità di uranio arricchito a scopo puramente militare, e si aggiunge che anche a voler pensare che la produzione al 60% serva come asso nella manica per i negoziati in corso con gli Stati Uniti, il limite necessario a tale scopo è già stato ampiamente superato. L’Aiea, insomma, mette nero su bianco quelli che sono i reali intenti del regime sciita.
È una premessa obbligatoria per mettere ordine nella trama e nelle dichiarazioni degli ultimi giorni di Rafael Grossi, che solo lo scorso 12 giugno, alla vigilia del primo attacco di Israele, ribadiva di fronte al board dell’Aiea come «sfortunatamente l’Iran abbia ripetutamente evitato di rispondere o di fornire risposte tecniche credibili alle domande dell’Agenzia». Il diplomatico argentino, mercoledì, ha infatti compiuto una marcata marcia indietro: intervistato dalla giornalista britannica di origini iraniane Christiane Amanpour, ha precisato di non aver mai detto che l’Iran stia costruendo un’arma atomica, sconfessando quindi il contenuto della relazione che lui stesso ha presentato. Ha quindi parlato di «congetture» sul tempo necessario affinché Teheran abbia effettivamente un arsenale nucleare: «Perché congetture? Perché non lo sappiamo, perché se ci sono attività clandestine o tenute nascoste agli ispettori non lo possiamo sapere».
Chi ci capisce è bravo: proviamoci. Con una carriera di lungo corso da esperto di sicurezza e disarmo e incarichi per l’Onu, Grossi con il suo dietrofront ha tentato di levarsi di dosso l’accusa di aver fornito al premier israeliano Benjamin Netanyahu l’assist per dare il via all’operazione “Rising Lion” e all’attacco a sorpresa ai siti nucleari e agli edifici residenziali dei vertici militari iraniani. Un tentativo pilatesco da parte dello stesso Grossi di lavarsene le mani che non è valso a molto, se si considera il messaggio recapitato giovedì dal portavoce del ministero degli Esteri dell’Iran: «Avete reso l’Aiea un partner di questa ingiusta guerra di aggressione».
In questo senso, da registrare la nota congiunta dei ministri degli Affari esteri di Francia, Germania e Regno Unito, insieme all'Alto rappresentante dell’Unione europea, i quali al termine dell’incontro a Ginevra con il loro omologo iraniano «hanno espresso pieno sostegno al direttore generale dell’Aiea e hanno incoraggiato l’Iran a cooperare pienamente con l’Agenzia, in linea con i suoi impegni giuridicamente vincolanti».
In ogni caso, nel solco della via pacifista dell’Onu, ieri Grossi ha aggiunto che l’agenzia «può garantire, attraverso un sistema di ispezioni inconfutabili, che in Iran non verranno sviluppate armi nucleari»: una missione impossibile, se come ha ammesso lui stesso i suoi uomini sul campo non possono venire a conoscenza di attività segrete e irregolari. Il cortocircuito è piuttosto palese.
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Dal groviglio di dichiarazioni è emersa anche la voce di Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu, che ha chiesto una «de-escalation immediata» perché «qualsiasi ulteriore intervento militare potrebbe avere conseguenze drammatiche». «La via diplomatica – ha insistito Guterres – rimane il modo migliore e unico per affrontare le preoccupazioni sul programma nucleare iraniano». In questa trama ingarbugliata, la vera preoccupazione è che nemmeno l’Onu concorda con se stessa.