Nella prefazione alle sue Memorie, Louis de Saint-Simon definisce l’intera opera come «una lunga meditazione agostiniana sulla nullità di ogni cosa su questa terra», da cui matura la convinzione «del nulla del tutto». La rappresentazione plastica di questo pensiero, sia secondo la tradizione cristiana che nelle dottrine deiste e atee, è la bolla di sapone. È quanto sostiene il filosofo francese Pierre Zaoui nella Bellezza dell’effimero. Un’apologia delle bolle di sapone (Il Saggiatore, traduzione di Cecilia Pirovano, pagine 202, euro 17). Arthur Schopenhauer, ne Il mondo come volontà e rappresentazione, chiama in causa da par suo questo apparentemente innocente gioco dell’infanzia e scrive: «Si gonfia più a lungo e più voluminosamente che si può, una bolla di sapone... con la ferma certezza che scoppierà», per esplicitare che «sostanzialmente ogni vita è dolore». In pratica, la bolla è lo sforzo irrisorio della speranza vana, già delusa in partenza, di ritardare il termine di una morte annunciata.
IL SOFFIO MAGICO
Eppure, un bambino che soffia per far volare bolle di sapone non può trasmettere un simile pessimismo. Basta guardarlo per convincersi che le sfere perfette ed effimere scaturite dal suo soffio, piene di grazia e leggerezza, non siano «il nulla di tutto», ma «il tutto del nulla», come scrive Zaoui nel suo interessante e originale saggio: «Il fascino eterno dello spirito dell’istante, privo di memoria e di giudizio».
Avrà mai visto il vecchio filosofo Parmenide, il cantore dell’Essere imperituro e immutabile, una bolla di sapone? E, se avesse potuto vederla, vi avrebbe riconosciuto la “ben rotonda verità”? Come conciliare la perfezione e la bellezza della bolla con la sua natura intrinsecamente effimera? Il problema lo hanno brillantemente risolto le arti figurative, con decine di pittori, dal Sedicesimo secolo in poi, che proprio la bolla hanno preso a modello per rappresentare l’aleatorietà dell’esistenza terrena.
Ne fa un lungo elenco Zaoui, costituendo un ideale imponente apparato iconografico della sua opera, che spazia da Bruegel il vecchio, raffigurante innocenti giochi infantili, a Pieter Claesz e Clara Peeters, alle prese con la Vanitas dell’Ecclesiaste, passando ai putti e ai teschi umani del Quis evadet di Hendrick Goltzius, a Rembrandt che immortala Cupido a riposo, il quale ha accantonato i temibili dardi per sostituirli con innocue bolle... Senza dimenticare un capolavoro cinematografico del 1968, Hollywood Partydi Blake Edwards, con uno strepitoso Peter Sellers che gioca con le bolle di sapone. Il libro esalta la leggerezza, indicando in essa una strada per la felicità: tornare bambini senza essere puerili. Per dimostrarlo concede addirittura diritto di parola alla bolla, che si abbandona ad una appassionata autodifesa. Eccola, condannata quale somma espressione di vanità: del mondo, dell’uomo, dei falsi beni, dell’orgoglio umano, del sapere... La bolla capovolge le accuse proclamandosi rimedio e scongiuro della vanità stessa!
Le bolle nella loro levità, ci insegnano a vivere senza peso, a godere dell’attimo senza temere la sua fine. Non lasciano traccia, e proprio per questo ci invitano a un rapporto diverso con il tempo e con la fine. Come una bolla di sapone, che vive sempre nell’istante prima di esplodere, così, sembra dirci Zaoui, anche noi possiamo affrontare il nostro quotidiano con nuova pienezza, consapevoli che nell’effimero risiede una saggezza immortale.
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La bolla analizza nientemeno l’Ecclesiaste e spiega che «si tratta di un trattato sulle bolle di sapone» poiché «la verità filosofica dell’Ecclesiaste consiste nell’insegnarci che non esiste nulla di più saggio che soffiare le bolle e che, con la sua piccola cannuccia e la ciotolina di acqua e sapone, il bambino è il più saggio tra i filosofi». La bolla non nasconde il vuoto: lo mostra, non mente sulla natura effimera: insegna in modo sottile la persistenza della natura effimera, quel tanto che basta perché si oda l’appello che contiene, a essere salvata su un altro piano: dipinta, cantata, fotografata, filmata. Perché l’arte corre avanti, come sempre. Non denuncia l’imperfezione ma svela la perfezione, la perfetta sfericità.