Comunque vada a finire il vertice la sinistra è pronta a criticare l’esito

Secondo gli avversari Trump fallirà a prescindere: se negozia svenderà Kiev, se sarà duro con Putin non otterrà la pace. E c’è chi paragona Donald addirittura a Hitler
di Tommaso Montesanovenerdì 15 agosto 2025
Comunque vada a finire il vertice la sinistra è pronta a criticare l’esito

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Chiamiamola pure “sindrome di John Bolton”. Ricordate l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump nel corso del primo mandato presidenziale del tycoon? Quello con i baffoni, anche ambasciatore Usa all’Onu con George W. Bush. In entrambe le circostanze, la stampa italiana lo aveva bollato, essendo repubblicano, con le peggiori etichette: “Falco”, “Neo-con”, “guerrafondaio”, “fautore del regime change a Teheran”, “negazionista delle Nazioni Unite”. Ebbene, ora che Trump è tornato alla Casa Bianca, improvvisamente Bolton è diventato l’oracolo. E questo perché, dopo la rottura con Trump, l’ex ambasciatore ne è diventato un critico feroce. Perfetto per essere intervistato da Repubblica alla vigilia del vertice di Anchorage, in Alaska. Il messaggio fatto veicolare da Bolton è la sintesi di come si concluderà- per i media, non solo italiani - l’incontro di oggi Usa-Russia: un fallimento comunque. A prescindere dall’effettivo esito del faccia a faccia. Il titolo di Repubblica è emblematico: «Parte male (il summit, ndr). Anche la tregua sarà una vittoria russa».

Con queste premesse sarà facilissimo gridare al fallimento. A questo punto è lecito pensare che, a leggere i commentatori che vanno per la maggiore, il presidente americano è destinato a sbagliare in ogni caso. Se negozia, rischia di apparire arrendevole verso Putin (da qui l’idea che il vertice sia sbagliato in sé), se non negozia si prende l’accusa di non fare abbastanza perla pace dopo l’impegno assunto in campagna elettorale. La “sindrome Bolton” è quella che ha colpito, per dire, anche l’ambasciatore Stefano Stefanini, che sulla Stampa tira già le conclusioni: o il summit incoraggia un negoziato destinato a sfavorire Kiev, o la trattativa salta e la guerra continua. In ogni caso, «Trump ha le mani libere per fare business con Vladimir Putin».

Nella carrellata delle nefaste previsioni italiane un posto d’onore lo merita Goffredo Buccini sul Corriere della sera, che inizia il suo editoriale nientemeno che paragonando Trump ad Adolf Hitler nel corso delle “trattative” sull’Anschluss dell’Austria alla Germania nazionalsocialista nel 1938. Laddove Zelensky è condannato a recitare la stessa parte del cancelliere austriaco von Schuschnigg. «Ma Trump, ovviamente, non è Hitler», concede - bontà sua - Buccini. I media americani non fanno eccezione. Secondo il New York Times, è Putin che avrà il «sopravvento» grazie alla supremazia al momento conquistata sul campo di battaglia. La posizione di Politico.com, invece, è un tutt’uno con quella di Zelensky: «L’incubo dell’Ucraina è che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump utilizzi il vertice di venerdì con il suo omologo russo Vladimir Putin per proporsi come candidato al Premio Nobel per la Pace, imponendo un accordo di pace che svende Kiev». Non solo: «Il fatto stesso che si tenga un vertice con il presidente degli Stati Uniti è una vittoria enorme per il Cremlino» (la “sindrome Bolton”, appunto). Per la Cnn, poi, è sbagliata pure la scelta della location: essendo l’Alaska un ex possedimento russo fino al 1867, questo ha incoraggiato i nazionalisti russi nel rivendicarne la restituzione.