OPINIONE

"Le Président" Macron colleziona insuccessi

di Mario Sechimartedì 26 agosto 2025
"Le Président" Macron colleziona insuccessi

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All’alba dell’era di Emmanuel Macron, nel marzo del 2017, lo scrittore Michel Houellebecq, consegnò la sua diagnosi pre-veggente sulla strana malattia francese: «La realtà politica non corrisponde alla società, è una situazione da nevrosi». Otto anni dopo, a Parigi si cerca ancora un dottore, mentre il primo ministro François Bayrou l’8 settembre si presenterà davanti all’Assemblea Nazionale per chiedere un voto di fiducia che ha l’aria di un funerale.

Tutto è sempre possibile, c’è chi è risorto e Bayrou per il momento è ancora tra noi, ma lo sbarramento di non alla fiducia partito da destra e da sinistra è un rintocco di campana a morto, non suona come l’inno della Marsigliese. L’unica cosa che marcia a Parigi non è la rivoluzione, è la crisi, al punto che i giornali francesi pubblicano ritrattoni di Giorgia Meloni con elogi per il governo, la stabilità di Roma e un’inedita invidia per les italiens. Il colpo di sole, la mazzata agli ultravioletti che surriscalda il cervello, arriva con lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli francesi che va verso la parità.

I problemi di Parigi sono una cronaca del Terrore, a Macron servono continue operazioni di distrazione di massa. Una nazione a destra, un presidente centrista, una sinistra di barbudos e descamisados, sono come la corsa dei tori di Pamplona trasferita sugli Champs-Élysées. Una serie di governi fatti (e disfatti) per frenare l’ascesa del partito di Marine Le Pen hanno avuto l’effetto contrario sperato da Macron, la Francia è governata con un kamasutra del sadomasochismo politico. Si fanno male, godono, si fanno sempre più male. E il godimento, come l’estate dei Righeira, sta finendo.

Macron è diventato una figura tragica, per quanto i giornali dell’europeismo “no limits” lo dipingano come un fenomeno, lo stratega dell’ufficio complicazioni dell’Eliseo è proprio lui. Breve elenco delle imprese macroniane, in rigoroso disordine sparso: Le Président si dibatte in una crisi di sistema dove finora ha nominato sei primi ministri (Philippe, Castex, Borne, Attal, Barnier, Bayrou), con tanto di colpo di scena della chiamata di elezioni legislative anticipate (che ha perso, nel 2024) che hanno peggiorato la situazione; la guerra gli ha offerto spazi di manovra impensati (e insensati), così indossa la divisa del Generale Charles de Gaulle e cerca di trattare con Vladimir Putin poi, colto da trance napoleonica, invia truppe immaginarie in Ucraina e riunisce coalizioni dei volenterosi senza volontà. Nell’intervallo del cabaret bellico, organizza le Olimpiadi a Parigi, l’inaugurazione è di una bruttezza memorabile (facendo pure inorridire i cattolici), per soprammercato, la grandeur si incaglia nella melma della Senna balneabile; sfumata la pax olimpica,

Emmanuel fa sfoggio dell’arsenale di Parigi e offre la bomba atomica agli europei, precisando che il pulsante dell’ordigno resta a Parigi; in fuga dalla realtà di Gaza,
estromesso dalla partita della pace in Libano con la sconfitta di Hezbollah, ridicolizzato da Trump (e per lisciare il pelo agli islamisti che ha in casa) annuncia il riconoscimento dello Stato palestinese, innescando il contro-risiko di Israele in Cisgiordania (nuovi insediamenti) e a Gaza (invasione totale); nel frattempo, gli ebrei che abitano in Francia devono guardarsi le spalle; lui, in preda all’ira funesta, «oh là là!», fa richiamare gli ambasciatori di ogni continente quando viene criticato, è il caso del vicepremier Matteo Salvini - che gli ha solo ricordato quel che pensa anche la maggioranza dei francesi - e del capo della diplomazia americana a Parigi, Charles Kushner, che lo ha invitato a fare qualcosa contro l’antisemitismo tra un discorso e l’altro contro Israele.

Grande attivismo e, dulcis in fundo, ecco il risultato: il tasso di insoddisfazione dei francesi per il suo lavoro è al 75%. Potrebbe andare peggio, diranno i suoi cantori. Génial!