Von der Leyen, attacco russo al Gps: cosa non torna

di Daniele Dell'Orcomercoledì 3 settembre 2025
Von der Leyen, attacco russo al Gps: cosa non torna

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Un’ora a volteggiare sul cielo di Plovdiv, piloti costretti a rispolverare mappe cartacee, giornali che parlano di “sospetta interferenza russa” e il Cremlino che smentisce e far del sarcasmo: la storia del volo di Ursula von der Leyen, partito lunedì dalla Polonia e atterrato in Bulgaria con avvicinamento “cieco”, è roba da Guerra Fredda 2.0. La realtà, tuttavia, potrebbe essere molto meno thrilling. Il primo quotidiano a darne notizia è stato il Financial Times che, citando fonti vicine alla presidente della Commissione Ue, ha riportato la tesi della deliberata azione di disturbo russa subita dal suo Dassault Falcon 900LX. E in effetti in tempi di guerra hi-tech un sistema sviluppato mezzo secolo fa come quello Gps, tuttora cuore della navigazione moderna, è piuttosto vulnerabile a due modalità di attacco. La prima è il jamming, ossia la saturazione delle frequenze con rumore elettromagnetico che impedisce ai ricevitori di captare i segnali satellitari. La seconda è lo spoofing, la sostituzione di questi segnali con altri più potenti e falsificati, che inducono il sistema di bordo a calcolare posizioni errate. Questa ipotesi, nel caso in specifico, è esclusa, dal momento che il jet di von der Leyen a Plovdiv è arrivato agevolmente senza perdersi nei Carpazi.

Piuttosto, il ricorso alle mappe cartacee da parte dei piloti e i blackout a terra denunciati da membri dello staff di Ursula renderebbero più verosimile l’operazione di jamming. Il portale FlightRadar24 però, che monitora in tempo reale le rotte aeree attraverso i transponder, ha prontamente fornito una parziale smentita: il Falcon che trasportava la presidente non avrebbe mai perso la qualità del segnale Gps. Il volo, della durata prevista di un’ora e 48 minuti, si è concluso in un’ora e 57: il ritardo di appena 9 minuti è compatibile con diverse procedure standard di attesa prima dell’atterraggio, compreso un semplice cambio di direzione del vento. Quindi, nessun blackout. Certo, l’Europa Orientale, specie nelle vicinanze del Mar Nero, è un’area in cui le interferenze ai sistemi Gnss (Global Navigation Satellite Systems, che includono Gps, la Galileo europea, la Glonass russa e la cinese BeiDou) sono frequenti in tempi di conflitto in Ucraina. Il sito GPSJam.org, attivo dal 2022 e usato anche dalle autorità aeronautiche, aggrega dati di navigazione di centinaia di aerei producendo mappe con le anomalie, e riporta le zone intorno a Plovdiv e Bucarest effettivamente tra le più esposte a disturbi nelle ore del piano di volo di von der Leyen. Non sempre, però, si tratta di azioni deliberate ma di esercitazioni o attacchi militari diretti altrove, malfunzionamenti tecnici o persino effetti collaterali di trasmettitori civili.

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Disturbare un’intera area, comunque, è relativamente semplice, e i russi nel settore del disturbo di radiofrequenze sono secondi al mondo solo a Israele. Avrebbero quindi tecnologie e impianti per farlo, oltreché la motivazione per “dimostrare” a Bruxelles di esserne in grado, «ma dovrebbero sparare nel mucchio e accecare i Gps in mille chilometri quadrati», hanno spiegato a Libero fonti aeronautiche. Già, perché mirare con precisione un singolo aereo è estremamente complesso per tutti. Servirebbe un aereo da guerra elettronica nei pressi di quello della presidente (che non c’era), o servirebbero piattaforme mobili dotate di jammer direzionali, costose e soprattutto difficili da occultare, poiché la potenza necessaria per saturare un segnale satellitare a centinaia di chilometri di distanza le renderebbe immediatamente rilevabili da satelliti spia o velivoli radar della Nato che stazionano proprio in quella zona ventiquattr’ore ore al giorno. Inoltre, in caso di disturbo o spoofing, il sistema di bordo segnala comunque l’anomalia, cosicché i centri radar di terra possano fornire istruzioni precise su posizione e rotta. L’ipotesi più probabile, quindi, è che il Falcon di von der Leyen sia rimasto vittima collaterale di guerra elettronica e che volume di disturbo dell’area in questione sia stato sottostimato. Poco male. Potrebbe comunque essere l’incipit per un buon romanzo distopico.

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