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Kirk senza pace: critiche pure al funerale

Ci dovrebbe essere un limite al cattivo gusto, all’accanimento, alla mostrificazione dei soggetti “sgraditi”. Almeno la morte dovrebbe rappresentare uno spartiacque definitivo, anzi “lo” spartiacque
di Daniele Capezzonemartedì 23 settembre 2025
Kirk senza pace: critiche pure al funerale

(Ansa)

3' di lettura

Ci dovrebbe essere un limite al cattivo gusto, all’accanimento, alla mostrificazione dei soggetti “sgraditi”. Almeno la morte dovrebbe rappresentare uno spartiacque definitivo, anzi “lo” spartiacque, la linea di separazione tra la battaglia (prima) e la pietà (dopo), tra il polemos (in greco antico voleva dire: guerra) e l’onore delle armi da rendere al nemico che non c’è più. E invece no. Povero Charlie Kirk: aggredito pure da morto. Proprio lui, che aveva una risposta efficace per tutto, che aveva un argomento per ogni interlocutore, è stato attaccato anche nel momento in cui non poteva più difendersi, quando non poteva più né prendere né porgere un microfono. Per una volta (sarebbe troppo penoso farlo), non citerò gli autori e le firme, né le testate dove abbiamo dovuto leggere resoconti e commenti spietati, disumanizzanti perfino post mortem. Ecco una parzialissima antologia: “funerale-show”, “funerale-kolossal”, “funerale-convention”, e poi ancora osservazioni sul fatto che chi piangeva piangeva troppo e chi sorrideva sorrideva troppo.

Da sinistra, i maestrini e le maestrine con le loro bacchettine woke non si sono fatti mancare nulla, e soprattutto non ci hanno fatto mancare niente del loro repertorio più trucido: ironie sul vestiario di questo e di quello, sul sudore, sui crocifissi (pacchiani pure quelli, ci hanno spiegato). Hanno applicato il medesimo registro che avrebbero utilizzato per commentare l’outfit dei cantanti a Sanremo. Ma lì, almeno, un po’ di simpatia sarebbe venuta fuori, anche senza volerlo. Qui, per Charlie Kirk, no, neanche per sbaglio: né per la vedova né per i bimbi. Curioso, no? L’Italia (tra vero e falso, tra affetto sincero e una punta di ipocrisia) ha una passione per le mamme e i bimbi. Ma non stavolta: la famiglia Kirk non sembra meritare nemmeno una carezza. Non è bastato aggredire Charlie in vita. Non è bastato ammazzarlo. Non è bastato festeggiare l’omicidio sui social. Non è bastato che gli “intellettuali” della cupoletta progressista si mettessero a dare le pagelle al morto, a imputargli la violenza della quale era stato vittima.

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Non è bastato nemmeno distorcere il suo pensiero, amputare o sbianchettare le sue frasi per capovolgerne il senso. Non è bastato nemmeno trasformare un socratico dialogante in un talebano aggressivo. No, serviva il passo ulteriore, il salto di qualità: lo sfregio sulla tomba, la stroncatura del funerale, una marchiatura infamante sulla bara. Eppure non serviva grande intelligenza per un’osservazione perfino banale, elementare: il funerale non andava bene a lorsignori? Non rispettava i loro canoni politici, etici ed estetici? Sarebbe bastato che Charlie, il 31enne Charlie, non venisse ammazzato: e il problema del suo funerale non si sarebbe posto. Noi, da qui, mormoriamo un rispettoso Requiem.

Lasciamo ad altri, incapaci perfino di vergognarsene, il triste ruolo da “prefiche 2.0”. Le prefiche della tradizione classica erano le signore dell’antica Roma convocate (o anche pagate) per piangere ai funerali, per spargere lamenti nei cortei funebri. Le attuali “prefiche 2.0”, non sappiamo se prezzolate o meno, se spintanee o spontanee, si uniscono a loro volta al corteo funebre: ma per gridare contro, per lanciare insulti e improperi, per offendere il defunto. Ce ne ricorderemo al loro prossimo «restiamo umani».

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