Il tendone del Circo - Flotilla, coloratosi improvvisamente d’arcobaleno, si squarcia: nel contingente magrebino in crociera verso Gaza c’è una delegazione Lgbt, gli altri islamici non lo sanno o se ne accorgono in ritardo, il coordinatore in polemica dà le dimissioni ed è tutto uno strillo.
La vicenda viene riportata da Le Courrier de l’Atlas, testata francese specializzata nel Nordafrica, e ci sarebbe da ridere se non ci fosse da sbellicarsi. Il casino, dicevamo, è scoppiato dopo che il coordinatore della gita, Khaled Boujemâa, ha denunciato il misfatto, o almeno lo è per lui: «Ci hanno mentito sull’identità di alcuni dei partecipanti in prima fila nella missione. Accuso gli organizzatori di averci nascosto questo aspetto».
DIRITTI CIVILI
La pietra dello scandalo è la presenza sotto coperta di tale Saif Ayadi, il quale rivendica il proprio ruolo di «attivista queer». Boujemâa – tra i primi a parlare della vicenda il collega di Mediaset Leonardo Panetta – ha lanciato la sua personalissima fatwa sui social, con destinatario Wael Navar, del comitato direttivo della Flotilla e stando alle ricostruzioni della stampa magrebina considerato vicino ai terroristi di Hamas. La sintesi del video-denuncia è che la guerra contro Israele non può essere mescolata con la battaglia per i diritti Lgbt, anche perché – ma questo il signor Boujemâa non l’ha detto – Israele oltre a essere l’unico Paese mediorientale a difendere omosessuali, lesbiche, trans, binari e no, celebra anche uno dei Gay Pride più partecipati del pianeta.
Irrompe un’altra attivista, Mariem Meftah, la quale ci mette il carico: «L’orientamento sessuale di ognuno è una questione privata, ma essere un’attivista queer significa toccare i valori della società e intraprendere una strada che rischia di mettere i miei figli e i miei cari in una situazione che rifiutiamo. Mi rifiuto di permettere che a mio figlio venga offerto un cambio di sesso a scuola». E ancora, l’attivista: «Non perdonerò chi ci ha messo in questa situazione, dovremo parlarne perché ad alcuni piace oltrepassare una linea rossa o l’hanno già oltrepassata. Invito tutti a salvare la situazione e a ripara re il torto fatto alle persone che hanno donato il loro sangue, affinché questa flottiglia possa vedere la luce del sole».
Ormai nel mondo musulmano è scoppiato lo scandalo. Interviene pure il presentatore televisivo Samis Elwafi, molto quotato in Tunisia: «La Palestina è prima di tutto la causa dei musulmani, e questa causa non può essere separata dalla sua dimensione spirituale e religiosa. Cosa vi aspettate che pensi un musulmano quando sente gli slogan di questo movimento queer durante una missione lanciata in nome di una causa sacra e centrale? Non si può degradarla in questo modo».
When humanity moves together, nothing can stop it. The Global Sumud Flotilla is proof that compassion is stronger than walls. pic.twitter.com/ptY4kBFbsX
— Global Sumud Flotilla Commentary (@GlobalSumudF) September 22, 2025
LA REAZIONE
Le Courrier de l’Atlas riporta i commenti di altri passeggeri islamici della Flotilla: «Non voglio che mio figlio veda tutto questo», «Sono persone che non ci rappresentano», «Non c’entrano niente con noi».
Sennonché gli Lgbt gonfiano il petto e rivendicano la loro legittimità: «Le nostre lotte sono intersezionali», «Esistono anche palestinesi queer». Giusto e legittimo. Il concetto di intersezionalità sembra che l’abbiano sentito in un discorso di Elly Schlein sulle linee guida del Partito democratico, mala notizia stavolta non è confermata. Il coordinatore s’è dimesso (non quello del Pd), e l’addio fa il paio con la sceneggiata dell’ex piccola Greta che qualche giorno fa ha lasciato la barca principale della Flotilla per appollaiarsi su un veliero secondario. Lei sostiene di averlo fatto perché non apprezzava la linea comunicativa decisa dal direttivo.
E però pare che la sua ciurma, ormai ex, non vedesse l’ora di togliersela dai piedi dato che la maggior parte delle attenzioni ricadevano sull’ambientalista svedese riciclatasi alla causa anti-israeliana.
Comunque: qualcuno, e anche alla svelta, avverta i Pro-Pal Lgbt che in Palestina agli Lgbt non riservano questo gran trattamento, e infatti prima della guerra ogni anno ne scappavano a centinaia in Israele.