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Hamas, vademecum per manifestanti che ignorano la realtà

Un libro rivelatore, un'arca di salvezza al diluvio di farneticazioni sul tema Palestina-Gaza. A firmarlo è Carlo Panella
di Tommaso Lorenzinigiovedì 25 settembre 2025
Hamas, vademecum per manifestanti che ignorano la realtà

(LaPresse)

3' di lettura

Al diluvio di farneticazioni sul tema Palestina-Gaza-Hamas, che si sta abbattendo sulla Penisola, fornisce un’arca di salvezza un denso volume firmato Carlo Panella (giornalista al di sopra di ogni sospetto), uscito nel 2024 poco dopo la strage del 7 ottobre ma comunque ancor’oggi aggiornato nell’inquadrare lo stato delle cose.

Non foss’altro per la dipartita nel frattempo - fra gli altri - di personaggi quali: Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, eliminato a Teheran nel luglio 2024, che per anni dal lusso di Doha ha guidato a pancia piena il movimento terrorista e le tribolazioni del popolo palestinese; Yahya Sinwar, il capo militare di Hamas, neutralizzato a Gaza nell’ottobre 2024 e chiamato «il Macellaio», soprannome guadagnato dopo aver strangolato personalmente una decina di palestinesi ritenuti spiedi Israele.

I SETTE RIFIUTI ALLO STATO
Il libro nero di Hamas, edito da Lindau, sarebbe un perfetto vademecum per i manifestanti ignoranti (nel senso letterale del “non conoscere”) che hanno affollato le piazze di mezza Italia. Per quelli di costoro dotati di intelletto funzionante potrebbe essere dirompente leggere e scoprire che, al netto degli errori di chi ha governato a Gerusalemme nel corso degli anni, è indiscutibile la responsabilità tutta arabo-palestinese del conflitto ebreo-palestinese per i quali si stracciano le vesti.

Nero su bianco, d’altronde, ci sono le reiterate proposte formali di fondazione di uno Stato di Palestina nel 1936 e nel 1939 (da parte della Gran Bretagna), nel 1947 (da parte dell’Onu), nel 1967, nel 2000, nel 2001 e nel 2008 da parte dei governi di Israele: tutte sempre rifiutate da parte araba e palestinese. Gridare oggi la necessità di riconoscere lo Stato di Palestina è perciò totalmente fuori fuoco: ai palestinesi, ad Hamas, che guida la Striscia dopo le elezioni del 2006 con le quali ha progressivamente eroso il peso politico di Anp e Fatah, la prima cosa che interessa non è l’esistenza dello Stato di Palestina, ma la non-esistenza dello Stato di Israele.

La logica di questo conflitto arrivato ai massimi storici dopo il pogrom del 7 ottobre si basa tutta sulla guerra di religione mossa dagli arabi verso gli ebrei: la politica, la giustizia sociale, l’autodeterminazione non c’entrano nulla. La molla che guida i terroristi di Hamas è l’antisemitismo che dall’VIII secolo in poi, prendendo alla lettera e rifiutandosi di storicizzare le sure dettate due secoli prima da Maometto a Medina, propina il dogma perverso del «complotto ebraico» come origine di tutto. Per l’antisemitismo islamico «l’Ultimo Giorno verrà solo quando l’ultimo ebreo sulla faccia della terra sarà ucciso»; lo Statuto di Hamas lo ribadisce; il Gran Mufti di Gerusalemme, indiscusso leader dei palestinesi dal 1920 al 1948, lo sentenziava suggellando l’alleanza con Hitler. I bimbi vengono portati in campi estivi e loro menti militarizzate, «il martire, lo shahid, è un eroe da emulare, ai bambini viene insegnato a non temere la morte ma ad ambirla, poiché essa porta direttamente al paradiso».

DONNE E GAY
Le donne? Devono crescere sottoposte a rigido controllo sociale per diventare buone madri di futuri martiri. Le donne di Israele, al contrario, il 7 ottobre sono state uccise in modi orribili, la faccia e i genitali bruciati; mentre venivano stuprate, i loro seni tagliati e usati come palloni da calcio. In Occidente, invece, sfilano da invasate con le bandiere pro-Pal. Accanto a loro le comunità Lgbt, che non sanno che per gli omosessuali la vita a Gaza è l’inferno. Nel 2016 Mahmoud Ishtiwi, ufficiale militare palestinese, venne ucciso con tre colpi di pistola in piazza a Gaza: senza processo, con la sola accusa di essere gay.

Tutto mentre per anni sono piovuti miliardi di dollari dall’Iran antisemita, dai gangli della Fratellanza Musulmana e dall’Occidente miope: secondo i dati Ocse, gli aiuti ai palestinesi ammontano a 40 miliardi di dollari erogati tra il 1994 e il 2020. Hamas, con la connivenza di istituzioni e ong complici, li ha intercettati quasi tutti, per costruire i tunnel, contrabbandare e costruire armi e merci, dando vita a un sistema di welfare per comprare la popolazione, per pagare gli “stipendi” alle famiglie degli attentatori kamikaze. Ma davvero chi va in piazza per la Palestina ignora tutto questo?