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L'attacco su 7 fronti guidato da Teheran: così Israele ha respinto la minaccia più letale

La risposta al pogrom del 7 ottobre, i raid sull’Iran, il blitz coi cercapersone: l’accordo può chiudere 2 anni di battaglie per la sopravvivenza dell’unica democrazia mediorientale
di Amedeo Ardenzavenerdì 10 ottobre 2025
L'attacco su 7 fronti guidato da Teheran: così Israele ha respinto la minaccia più letale

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4' di lettura

Due anni di guerra, sette fronti, 1.200 civili e centinaia di militari rimasti uccisi, 251 cittadini rapiti, decine di migliaia di sfollati. Per Israele il conflitto che si sta chiudendo in queste ore è il più lungo e il più doloroso della propria storia. L’esatto contrario della gloriosa Guerra dei Sei Giorni del 1967. Anche la guerra del Kippur, correva l’anno 1973, si concluse bene per Israele ma non fu priva di sofferenza, momenti di paura, un alto numero di caduti e instabilità politica che fecero scendere Israele dal piedistallo sopra al quale lo aveva posto il conflitto di sei anni prima.

È presto per un bilancio della guerra di questi mesi ma tanti israeliani lo hanno già detto: è stata una seconda guerra d’indipendenza. Come nel 1948 quando lo Stato ebraico appena fondato dovette affrontare gli eserciti di tutti i vicini arabi che volevano cancellarne l’esistenza. All’indomani del pogrom del 7 ottobre, nella mischia si è buttata la milizia sciita libanese Hezbollah con il suo arsenale missilistico da fare invidia alla Nato. Uno alla volta, alla guerra contro lo stato ebraico si sono poi uniti il Jihad Islamico in Cisgiordania, le milizie filo-Hezbollah in Siria e in Iraq, e gli Huthi in Yemen. Sei nemici tutti orchestrati dall’Iran che, uscito per la prima volta allo scoperto, ha attaccato Israele due volte direttamente, aprendo il settimo fronte.


HAMAS

La guerra con il gruppo terrorista islamico padrone di Gaza dal 2006 non è ancora finita: in queste ore sta entrando in vigore un cessate il fuoco. Contro un nemico che ha compiuto il peggior pogrom contro gli ebrei dai tempi della Shoah, Israele, dicono in molti, ha usato la mano pesante. La verità è che per troppi anni Israele non ha visto o non ha saputo guardare bene dentro Gaza, ignorando o sottostimando tanto la forza di fuoco del braccio palestinese dei Fratelli Musulmani, tanto la sua struttura logistica sotterranea, per non parlare dell’incredibile dimostrazione da parte del blocco Hamas-Iran-Qatar di saper condizionare l’opinione pubblica e i tribunali internazionali mondiali contro lo stato ebraico. Gaza è distrutta, Hamas sconfitta, i suoi effettivi uccisi a decine di migliaia ma Israele si leccherà ancora a lungo le ferite giuridiche e diplomatiche infertegli da Hamas e dai suoi alleati.

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HEZBOLLAH 

Un conflitto lungo e di bassa intensità ma tanto più spaventoso per Israele per un semplice motivo: se nei conflitti passati le Israeli Defense Forces hanno sempre conquistato terreno, durante i 13 mesi di guerra aperta con la milizia libanese decine di migliaia di israeliani hanno lasciato le proprie case, villaggi e kibbutz al nord temendo per la propria vita sotto i missili in arrivo dal nord. Fatto ancora più inconsueto, per un periodo i cittadini dello Stato ebraico si sono ritirati dall’Israele storico e non da qualche avamposto o insediamento. Un’umiliazione superata con l’incredibile azione del 17 e 18 settembre 2024 con cui Israele ha fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie talkie in dotazione agli Hezbollah, uccidendo o ferendo gravemente centinaia di quadri del gruppo sciita. L’eliminazione a Beirut del numero uno di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il 27 settembre e dei suoi principali successori designati, ha segnato la sconfitta del temibile gruppo sciita. La guerra su quel fronte è finita a novembre 2024 anche grazie alla mediazione Usa.

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SIRIA 

Sconfitta Hezbollah, la caduta del presidente siriano Bashar Assad, nemico giurato di Israele, è stata questione di ore. A dicembre 2024 il suo regime filo-Teheran è caduto lasciando spazio a una leadership post-qaedista che Israele ha di fatto disarmato prima ancora che arrivasse al potere. Un fronte oggi più sereno.

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IRAQ, CISGIORDANIA, YEMEN 

A rintuzzare gli attacchi missilistici del gruppo iracheno al soldo dell’Iran, Kataib Hezbollah, a Israele sono bastate poche minacce. La partita è ancora aperta, invece, con il jihad islamico in Cisgiordania e, ancor di più, con gli Houthi yemeniti, protetti dalla notevole distanza dal territorio israeliano. Alcuni bombardamenti di Sa’ana e di Hodeida non hanno ancora messo a tacere l’alleato più meridionale di Teheran. Partita aperta.

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IRAN 

La guerra con l’Iran finirà solo con il cambio di regime. Israele ha fatto impazzire gli ayatollah quando, ad aprile 2024, ha eliminato alcuni alti ufficiali iraniani demolendo una palazzina attigua al consolato iraniano a Damasco. Dopo due settimane, l’Iran ha risposto attaccando lo Stato ebraico con una pioggia di missili e droni respinta da Israele, Usa e con il supporto dei Paesi arabi moderati. A luglio 2024, Israele ha eliminato il capo di Hamas, Ismael Haniyeh, a Teheran dopo una sua cena con la Guida suprema Ali Khamenei. L’Iran ha reagito attaccando con 200 missili balistici che hanno causato due morti. Dopo aver “testato” la debolezza della difesa area iraniana, lo scorso giugno Israele ha scatenato la “guerra dei Dodici giorni” attaccando le infrastrutture nucleari e le basi militari iraniane. Trump ha decretato la fine del conflitto sganciando “la madre di tutte le bombe” sui siti nucleari degli ayatollah. Il regime teocratico, più debole, è ancora in piedi.