«L’altra America» che campeggiava ieri sulle prime pagine dei giornaloni non esiste, è un’illusione prospettica, geografica, antropologica, valoriale. Il trucco, o l’abbaglio, del mainstream di fronte all’ascesa del musulmano e socialista radicale Zohran Mamdani a sindaco di New York è prendere uno spicchio particolarmente specifico dell’anima americana, quello della metropoli che è allo stesso tempo punto d’approdo e di partenza, città-Stato come nessun’altra negli States, monopolizzata e allo stesso tempo decostruita da un’élite intellettuale oggi UltraWoke, e farne un caso esemplare che si estende sulla nazione-continente.
Trump è all’angolo, l’America gli ha voltato le spalle, suona la campana per la rivincita progressista. Ci cascano anche penne rodate come Gianni Riotta, che su Repubblica si avvita attorno a «il primo passo di una riscossa», e Flavia Perina, che su La Stampa ricava conseguenze per il centrodestra italico invocando «meno trumpismo» (perché i dem hanno vinto nella città-Stato, una notizia pregnante quanto il cane che morde l’uomo?). Ci asteniamo poi dal ribadire la pochade incessante che attecchisce nel campo largo, con i leader(ini) vari che s’intestano la vittoria di Mamdani e assicurano (ancora) che l’aria è cambiata, da Times Square a Brembate di Sotto, e andiamo alla sostanza.
La sostanza, per quanto poco à la page, recita più o meno: Mamdani, l’islamo-gauchista che si pappa la Grande Mela, è manna per Trump e anzitutto (e oltre) per il trumpismo, per ciò che rappresenta nella storia e nell’attualità politica americana. I dotti nostrani non si sono mai interrogati sulla sua genesi, altrimenti saprebbero che esso è in primis un fenomeno reattivo. Essenzialmente: è la reazione dell’Elegia Americana cantata da JD Vance contro la musica globalista suonata nei luoghi della classe dirigente, New York City in primis. Il che significa la reazione contro la globalizzazione desertificante e filocinese (da qui la popolarità della politica dei dazi di cui lorsignori proprio non si capacitano), ma anche, forse soprattutto, la reazione contro la cancellazione dell’identità americana. La quale è certo polifonica, ma ha delle fondamenta (finora) non negoziabili: la libertà individuale e la possibilità che si divincoli da qualunque tentacolo ideologista o statalista, il libero mercato come orizzonte culturale prima ancora che economico, il diritto inalienabile al “perseguimento della felicità” prima di qualunque paranoia sociale, di genere, di sensibilità presuntamente offesa.
Mamdani il comunista fa scappare i milionari: tutti a Miami
La distanza da New York a Miami è cinque volte quella tra Cuba e Miami, più di duemila chilometri di costa...In questo senso il grande storico Frederick J. Turner diceva che l’America vera inizia oltre gli Appalachi, quando i coloni si de-europeizzano e iniziano a costruire contro l’ignoto quella Frontiera che è ovunque e in nessun luogo, fino al Pacifico. Come credete che quest’antropologia prettamente americana, libertaria per indole prima che per dottrina, che poi è il sostrato dell’espressione un po’ bolsa “America profonda”, prenda le proposte qualificanti di Mamdani: trasporti e servizi gratis, sussidi a pioggia, aumento verticale della tassazione sulle società? Più profondamente, come appare il suo profilo all’americano medio (Dio ce lo conservi!) oltre il fiume Hudson, il profilo di un islamico di rito sciita che balbetta su Hamas, inneggia all’immigrazione incontrollata e rilancia la parola d’ordine dell’Intifada globale? Esatto, all’America che non è l’“altra”, ma che si dispiega nel MidWest in affanno industriale, nelle Grandi Pianure e sulle Montagne Rocciose custodi dell’epica, che scende fino al Texas e sale fino al Montana, Mamdani non può non sembrare l’ultimo stadio, il più inquietante, dell’involuzione del partito di Roosevelt e Kennedy nella creatura islamo-wokista sulla cui minaccia ammoniva il povero Charlie Kirk nei suoi ultimi discorsi. E dove si rifugerà, quest’America che ha costruito la Frontiera fuori dalla città-Stato, anche solo per esclusione? Esatto, sotto il ciuffo di Donald Trump.




