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Russia, soldati a cavallo: perché è un'arma micidiale

di Giovanni Longonisabato 27 dicembre 2025
Russia, soldati a cavallo: perché è un'arma micidiale

6' di lettura

Le immagini sgranate in bianco e nero sembrano quelle di un vecchio videogioco: entra sullo schermo un punto bianco, è il drone; punta il cavalleggero, lo insegue, lo centra. Un altro soldato cade dal suo animale che scappa. Il cavallo è l’animale più intelligente.

Sono le immagini diffuse dal comando della 92esima brigata di assalto ucraina: un video in cui si vedono numerosi soldati a cavallo, ma anche a dorso di mulo, attraversare a rotta di collo una vasta pianura. Soli e bersaglio dei droni nemici. «Nei loro assalti da carne da cannone perdono i loro equipaggiamenti molto velocemente e sono costretti a spostarsi a cavallo».

Le immagini analizzate da esperti indipendenti sono state localizzate nella regione di Dnipro. Ucraini e media occidentali hanno fatto a gara a prendere per i fondelli l’armata a cavallo di Putin. Sbagliano: la mobilità sul terreno – gelato oppure paludoso – è fondamentale: russi e ucraini usano motociclette e mtb elettriche.
Ma è naturale che anche il cavallo sia tornato nel suo regno: le pianure euroasiatiche. Vedremo presto se è un nuovo inizio di una vicenda che ha la sua origine più di un millennio fa.

La sera del 14 ottobre 1066 ai piedi della collina di Senlac Hill, vicino ad Hastings nel sud dell’Inghilterra, si è formata una palude di sangue e resti umani. Dopo una giornata di attacchi sempre respinti dal muro di scudi dietro il quale sono asserragliati i sassoni di re Aroldo, lassù sul poggio più elevato, i normanni del duca Guillaume e i loro alleati si ritirano. Qualcuno scappa davvero. I guerrieri isolani credono di aver vinto come il mese precedente contro i norvegesi a Stamford Bridge. Invece è una finta, il muro di scudi si sfalda, i sassoni non conoscono la disciplina e si lanciano giù dalla collina. A un tratto, la cavalleria pesante dei baroni francesi fa un’ampia conversione a U e attacca frontalmente. Gli arcieri bretoni, al soldo del duca, iniziano a tirare a parabola per colpire al di sopra di quel che resta del muro di scudi. Il re viene centrato da una freccia in un occhio e muore.

E' la scena più famosa dell’arazzo di Bayeux. L’attacco decisivo è quello dei cavalieri con la cotta di maglia, lo scudo a mandorla e la lancia. Gli enormi stalloni galoppano in salita, sopportando un peso di poco meno di un quintale ma travolgono ogni cosa. Finisce così il dominio anglosassone nell’isola che prende da loro il suo nome. Ma non è solo in Inghilterra che finisce un’era, quella iniziata con le invasioni barbariche e nasce il medioevo feudale. In tutta Europa la civiltà avanza in sella a un cavallo.

A Lechfeld, un secolo prima, la cavalleria pesante dell’imperatore Ottone aveva fermato i magiari ma anche essi erano cavalieri, combattevano però come i mongoli, nomadi asiatici: montati su cavalli piccoli e resistenti, usando arco e frecce, evitando ogni scontro frontale. Fu una vittoria di cavalieri su altri cavalieri e i mongoli avrebbero avuto modo di rifarsi. Hastings fu invece una svolta di civiltà. Poi ci saranno Bouvines, Muret.

La civiltà greca e latina non avanzava a cavallo ma a piedi, sui calzari dei legionari, boots on the ground, e prima di loro era stata la volta della falange macedone e prima ancora degli opliti delle città stato elleniche. L’Occidente democratico nasce, secondo Victor Davies Hanson, dal combattimento fianco a fianco di uomini liberi e uguali nella falange. Scudo e lancia. Oppure un fucile Martini-Henry a colpo singolo nell’incavo della spalla, come in “Zulu”, il film preferito di Leo Strauss, in cui un manipolo di squinternati genieri gallesi tiene testa a un esercito di migliaia di guerrieri africani.

La scena della carneficina finale è emblematica: poche decine di giubbe rosse schierate su quattro file rovesciano una valanga di fuoco sui nemici, coraggiosissimi e indisciplinati. E' l’estrema evoluzione della tattica della “contromarcia” ideata da Maurizio di Nassau per risolvere il problema del fuoco continuo. Maurizio elaborò la sua idea studiando gli autori classici: Eliano Tattico, Polibio, Vegezio. L’Occidente è una civiltà di fanti.

Gli storici britannici della Military Revolution vedono nello sviluppo della tecnologia bellica la culla della civiltà moderna e del predominio europeo sul resto del pianeta che ha preso il nome di colonialismo e poi di globalizzazione. Anche questo evento nasce nel sangue.

*** Nancy, 5 gennaio 1477. Il duca di Borgogna Carlo il Temerario sognava di creare uno Stato al centro dell’Europa, lungo l’asse del fiume Reno. I suoi nemici: a occidente il Regno di Francia, a oriente la Confederazione svizzera. Carlo attacca per primi i montanari caseofagi, in fin dei conti è un vassallo del re. La sua è la corte più ricca e raffinata del tempo, e il suo esercito è il fiore della cavalleria europea in quell’Autunno del Medioevo. Affiancati da contingenti mercenari (il Duca è ricchissimo, controlla le Fiandre) sfidano i rozzi elvetici a Morat; ma le prendono di santa ragione. Gli svizzeri portano allora la guerra nelle terre del Duca e a Nancy si chiudono i conti: i nobili cavalieri corazzati finiscono infilzati come arrosticini sulle picche lunghe fino a cinque metri che solo i robusti svizzerotti sono in grado di maneggiare.

La scena si ripeterà nei decenni seguenti: Cerignola, Bicocca, Pavia. Finisce l’Europa del guerriero corazzato a cavallo, la fanteria torna regina delle battaglie grazie prima alla picca, poi alle armi da fuoco. I reparti montati vengono sospinti fuori dal cuore dello scontro, verso compiti di pattugliamento, ispezione, trasporto, darsi delle arie.
La Rivoluzione militare però non riguarda allo stesso modo tutto il Continente. Nelle enormi distese dell’est europeo il cavallo dominerà ancora a lungo. Quel genio della guerra che fu Il sovrano svedese Gustavo Adolfo userà una cavalleria leggera finnica, quindi orientale, gli hakkapeliitta, lanciandola al galoppo come se fosse una cavalleria pesante. Ma è soprattutto in Polonia che la civiltà europea medievale resisterà anche ma non solo sui campi di battaglia. Gli Ussari alati non sono altro che la versione barocca degli uomini di ferro di Hastings e Bouvines. Perché in Polonia e Ucraina la mobilità è la base di ogni tattica.

Nella prima guerra mondiale sul Fronte occidentale si combatte nelle trincee e lì non c’è niente di nuovo: si muore sul posto. A est invece il fronte è sempre in movimento. Persino Caporetto può essere vista come l’effetto delle tattiche orientali applicate a uno scenario occidentale: dopo l’uscita della Russia dal conflitto, gli imperi centrali spostano le truppe sul fronte italiano. C’è una vittoria come tante, a Caporetto. Ma stavolta gli austrotedeschi non tergiversano, si buttano nella falla che si è aperta. Non si curano delle linee di rifornimento che si allungano ma entrano nella pianura friulano-veneta come fosse l’Ucraina. Le difese italiane sono travolte. Il resto è noto.

Non finisce qui: la rivoluzione russa è una guerra di armate a cavallo come racconterà Isaac Babel’. E la guerra russo-polacca del 1919-21, con i suoi clamorosi rivolgimenti di fronte, è una guerra di cavalleggeri, non più gli ussari alati ma gli ulani di Pilsduski. Il secondo conflitto mondiale segna invece il nuovo tramonto dell’equino in guerra (l’equino nobile, il mulo degli Alpini resisterà fino alla fine del XX secolo). Ma non è un caso che proprio in Russia si registrò l’ultima carica di un contingente di cavalleria italiana.

*** Isbuscenskij, 24 agosto 1942. Il colonnello Alessandro Bettoni Cazzago guida seicento cavalleggeri con sciabole e armi da fuoco del 3° reggimento Savoia Cavalleria contro un paio di migliaia di fanti russi ben trincerati. Ma i sovietici vengono presidi sorpresa.

La carica dei Seicento all’italiana è una vittoria. E non è un caso che avvenga sul Don. Gianni Agnelli amava fare una battuta a Zbigniew Boniek: «Nella seconda Guerra Mondiale solo due popoli mandarono reparti di lanceri a cavallo contro i carri armati: i polacchi e i finlandesi. La differenza è che i primi pensavano di vincere». La freddura è come sempre per l’Avvocato ben costruita anche se in gran parte falsa. I finlandesi usarono reparti di sciatori e di ciclisti e fermarono davvero le colonne russe. Quanto ai polacchi, è vero che resistettero lancia in resta per sole cinque settimane ma si aspettavano un aiuto anglofrancese che non arrivò mai. Non diamo la colpa a cavalli e cavalieri. E aspettiamo il loro ritorno.