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Afghanistan, il ribelle Massoud lasciato solo: se anche l'Europa sceglie di tenersi buoni i tagliagole

Carlo Nicolato
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I Talebani sostengono di aver sconfitto i ribelli del Panshir e di aver ormai sotto controllo l'intero territorio dell'Afghanistan; il Fronte di resistenza nazionale sostiene al contrario di avere ancora in mano la valle specie nelle zone strategiche e garantisce al popolo che la lotta contro il nemico e i loro alleati continuerà «fino a quando non prevarranno giustizia e libertà». Il capo dei ribelli Massoud ammette però su Twitter di aver subito un forte attacco via terra e aerea e di aver perduto negli scontri l'«amico e fratello» Fahim Dashti, ma soprattutto lancia accuse precise ai vicini e all'Occidente: «Mentre i Talebani lanciano feroci attacchi nel Panshir» scrive, «il capo dell'Isi pakistano (l'intelligence di Islamabad) è a Kabul. E il mondo sta a guardare».

 

 

Il doppio gioco del Pakistan non è nuovo, il Paese tra i più retrogradi in termini di diritti umani ha sempre tenuto bordone ai Talebani e ai terroristi giurando peraltro fedeltà all'alleato Usa. Ma stavolta ha due motivi in più per sostenere i vicini estremisti: il patto con la Cina, pronta a far affari con i Talebani ricostruendo il Paese, e il flusso di denaro che si attende dall'Europa in cambio di un occhio di riguardo per i profughi.

 

 

In questa chiave è evidente che ribelli del Panshir per Islamabad, e per Pechino, sono solo un sassolino nella scarpa da levarsi il più in fretta possibile. Lo stesso dicasi, per assurdo, anche per l'Europa, la quale per non subire l'ennesima invasione di immigrati preferisce sperare in un (improbabile) "lato umano" dei Talebani e in quello (molto più probabile) venale del Pakistan. Solo i Talebani dunque possono garantire nel breve la stabilità nell'area che tutti desiderano, compresi i russi e soprattutto gli americani. Con buona pace dei ribelli del Panshir, della giustizia, la libertà e i diritti umani. 

 

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