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Ue, i due fattori necessari per avere un esercito Ue: la frustata di Roberto Formigoni

Roberto Formigoni

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Nelle ultime settimane i cambiamenti nella politica estera statunitense, che erano nell'aria già da tempo basta pensare alla parola d'ordine di Donald Trump "America First", hanno subito un'accelerazione straordinaria che pone l'Europa di fronte a nuove responsabilità e alla necessità di scelte strategiche in tempi rapidissimi. Alludo ovviamente al ritiro delle truppe USA dall'Afghanistan, per nulla coordinato con gli alleati europei che pure avevano offerto uomini e supporto strategico all'impresa americana, alludo alla ritirata statunitense dagli scenari di tensione mediorientali e al progressivo disimpegno nel quadrante mediterraneo. Ed è soltanto di giovedì l'annuncio dell'accordo stretto tra gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Australia per la fornitura a quest' ultima di 8 sottomarini a propulsione nucleare armati di missili da crociera.

 

 

 

L'obiettivo strategico è formare una flotta unica, capace di presidiare il Pacifico e contrastare eventuali mosse ostili dei cinesi. Cosa buona in sè, ma la novità è che anche in questo caso gli europei e la stessa Nato sono stati tenuti all'oscuro di tutto, anzi, il nuovo programma cancella con un tratto di penna la precedente commessa affidata a una joint-venture franco-italiana per la costruzione di 12 sottomarini con motori diesel per la marina australia na. Insomma, messaggi più chiari agli europei non avrebbero potuto essere stati inviati: «D'ora in poi arrangiatevi da soli». Settant' anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l'ombrello americano che tanto ci ha garantiti e protetti (bisogna riconoscerlo) non c'è più, e dobbiamo abituarci a fare da noi, innanzitutto nel campo della difesa perché i teatri di guerra e le linee del confronto col terrorismo sono molto vicini a noi, dal Mar Mediterraneo al Mediì Oriente a numerose zone dell'Africa. Detto in parole chiare, dobbiamo dotarci di un esercito europeo, capace di difenderci in caso di attacco ma anche di intervenire in aree lontane se lì si preparano azioni contro di noi. Il progetto non è nuovo, se ne parla da decenni, ma finora non è andato in porto per contrasti politici e strategici che non sono mai stati risolti.

 

 

 

Il primo problema è la leadership: è facile dire "sia a Bruxelles", la verità è che a rivendicarla è la Francia in quanto unica potenza nucleare dell'Unione Europea e unica a sedere nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il secondo problema è altrettanto spinoso. Un esercito funziona se è sorretto da una visione e da una politica estera comune, che finora tra i 26 Ue non c'è, anzi sono innumerevoli i contrasti, provocati da prospettive diverse e anche da interessi economici divergenti (pensiamo soltanto agli attacchi all'agroalimentare italiano, dal parmesan al prosek, o alla politica sui migranti). Però l'allarme è chiaro: bisogna fare presto, un esercito europeo è una necessità da ieri, non da domani.

 

 

 

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