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Se, con l'Esercito comune, l'Europa risparmierebbe 130 miliardi

Esercito Europeo

Con soldati e armi sganciate dalla Nato la Ue avrebbe la seconda armata del mondo (la terza è la Cina) e soprattutto rispermieremmo un botto

Francesco Specchia
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Lo chiamano, in modo roboante, “Bussola strategica”; potrebbe essere una sorta di Schengen della sicurezza continentale. È, di fatto, ancora un grande sogno irrealizzato. Eppure il progetto d’un mitico “Esercito Europeo” che cerchi di ottimizzare gli alti investimenti potrebbe, in tempi di guerra Ucraina, trovare ora la sua strada. 

Da un rapporto dell’EPRS, lo European Parliamentary Research Service basato su dati riferiti al periodo 2020-2022 e pubblicato dal sito True Numbers, ora infatti si scopre che la piena realizzazione  del Common Security and Defence Policy ) ossia del germe di un futuro esercito continentale porterebbe all’Europa oltre la Nato notevoli vantaggi: economici, di autorevolezza e di forza d’urto. Tenendo conto del report sulle spese per la Difesa, delle  grandi potenze del mondo tra il 2002 e il  2020, nonché dei problemi  emersi dal conflitto russo-ucraino, be’, emergono i vantaggi di una forza armata  autonoma rispetto alla Nato. Innanzitutto sarebbe,potenzialmente, la  seconda potenza mondiale militare dopo gli Stati Uniti. “L’Europa nel 2020 ha destinato 316.692,8 milioni di dollari. Una cifra enorme trainata dal Regno Unito che nell’ultimo anno ha speso da solo 59.238,4 milioni. L’Italia, che ha da poco annunciato un aumento delle risorse per l’esercito, nel 2020 ha speso 2.8921,3. E le altre potenze globali? Gli Stati Uniti sono primi , con una spesa annua di 778.232,2: nessuno spende di più  in armamenti e nessuno è paragonabile  per grandezza dell’esercito” documenta True Numbers. La Cina sarebbe  solo terza in classifica:  252.304,2 milioni di dollari nel 2020. 

Paradossalmente la Russia ispirata all’Armata Rossa, a confronto, nonostante l’elefantiaco arsenale nucleare e anche a causa del basso poter d’acquisto del rublo, destina alle spese di Difesa solo 61.712,5 milioni di dollari. In più, spiazza un’inedita proiezione econometrica. Nel caso davvero si arrivasse ad un momento in cui tutti gli Stati europei unissero le forze, “le uscite non sarebbe certamente paragonabili. Ogni Paese spenderebbe meno perché molti costi verrebbe ammortizzati”, emerge  dal un documento. 

Un esercito europeo costerebbe 26 miliardi di euro in meno all’anno, rispetto alla somma dei singoli eserciti nazionali”. E sono stime per difetto. Secondo altre analisi si risparmierebbero fino a 130 miliardi. Cioè: in teoria i costi dell’84% degli equipaggiamenti militari oggi acquistati dai singoli Stati, con un unico organismo europeo verrebbero abbattuti “per una banale questione di quantitativi”. Di fatto, vale il concetto dell’“unione che fa la forza” applicabile al tanto annunciato tetto dei prezzi dell’energia. Se lo mette - il tetto- un singolo Stato il flusso del gas segue quello del mercato e va verso il prezzo più alto, ma se lo applicano più nazioni messe insieme, be’, il potere interdittivo sul mercato diventerebbe  irresistibile. 

Inoltre lo spreco attuale di denaro si ripercuote inevitabilmente sulla mancanza di investimenti in nuove tecnologie; ma con un organismo comune l’ottimizzazione delle risorse porterebbe a continui aggiornamenti tecnologici. La succitata “Bussola strategica per la sicurezza e la difesa dell’Unione Europea” conta oggi 5000 uomini; e si produce, attualmente, in circa 37 missioni all’estero. E ha lo scopo neanche troppo sottinteso, di smarcarsi dall’ombrello difensivo degli Stati Uniti, in un momento storico in cui gli Usa –prima con  Obama, poi con Trump e ora con Biden- stanno sempre più spostando i loro interessi strategici  verso l’Indo-Pacifico.

 Richiesto di un commento sull’utilità del nuovo organismo il  ministro della Difesa Lorenzo Guerrini ha risposto con un colpo al cerchio e uno alla botte. Cioè: «Non si tratta di formare semplicemente un esercito comune, ipotesi molto romantica, ma di promuovere una maggiore assunzione di responsabilità, da parte dell’Unione, nel campo della difesa». Di più: la maggiore assunzione di responsabilità dell’Ue non è «in contrapposizione, ma anzi in piena sinergia con la Nato» (il colpo cerchio: non irritiamo gli americani, chè ora non è il caso). Ma, prosegue Guerini,   «la convinta promozione dello sviluppo e dell’acquisizione di capacità militari europee deve essere assolutamente interpretata quale naturale e coerente azione di rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica, a conferma dell’indissolubilità del solido rapporto transatlantico, e con l’obiettivo di consentire all’Europa di contribuire in maniera sostanziale ed efficace alla sicurezza e alla stabilità globale» (il colpo alla botte: andiamo avanti comunque col progetto). 

Nella pratica, l “esercito europeo” è un’idea conflittuale tra gli stati Ue.  Da  sempre è  fortemente voluto da Macron che comunque definì la Nato –prima della guerra d’Ucraina- «cerebralmente morta». Non è considerato una priorità dai Paesi di Visegrad i quali, essendo sfuggiti all’orbita del Patto di Varsavia, propendono più per la vecchia, cara alleanza atlantica. È osteggiato dal Regno Unito che lo ritiene un doppione della Nato. Non è malvisto dalla Germania ma chiede più garanzie sulla catena di comando (non deve comandare la Francia che, tra l’altro, è  l’unica europea a mantenere un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu).

 Mentre, in tutto questo, l’Italia che sostiene con efficacia sia la Nato che la “Bussola” potrebbe fare da mediatore tra le varie anime della difesa europea. Un esempio di un suo futuro impegno sul tema è il recente Trattato del Quirinale siglato tra Macron e Draghi: integrazione comunitaria a manetta e un pensierino alle esigenze comuni di sicurezza , nel caso in cui –sempre più spesso- gli Stati Uniti fossero distratti.

 Molti analisti, infine, hanno abbandonato l’idea dell’esercito comune perché le priorità strategiche e i singoli interessi degli Stati membri sarebbero difficilmente conciliabili. Eppoi, come dice spesso l'analista Dario Fabbri: ce li vedete i norvegesi prendere ordini da un generale spagnolo (o italiano)? Tutto questo dibattito ovviamente, si stava spegnendo prima del caso Ucraina. Ora la guerra  ha coperto di lacrime le cose, e lo riaccende con prepotenza…

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