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Paragone, allarme rosso: "L'ultima scusa dell'Europa per ricattarci"

Gianluigi Paragone
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L’altro giorno il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis è stato incaricato di chiudere le trattative sul Mes e di mandare un messaggio all’Italia che suona su per giù così: ratificatelo e basta capricci. Lo ha detto a poche ore dall’alluvione che sta devastando soprattutto l’Emilia-Romagna, regione di cui il lettone forse avrà sentito a malapena parlare per le spiagge della Riviera. Questo ultimatum che impasta arroganza e strani avvertimenti è stato immediatamente rilanciato cinicamente dagli ultrà europeisti: beh, se avessimo i soldi del Mes potremmo già metterli a disposizione di chi ha subito danni.

 

 

Domando: com’è che quando c’è da tirare fuori i soldi si fa sempre riferimento a salvadanai ipotetici? Non facciamo scherzi, quei soldi debbono essere immediatamente stanziati perché famiglie e imprese non possono restare senza finanziamenti, utili alla ripartenza. Già sono stati fregati dai governanti regionali col braccino corto che non hanno messo in sicurezza i corsi d’acqua della regione. Poi vengono a fare i green... Un pezzo del pil italiano si fa in Emilia-Romagna e nelle Marche, quindi i soldi servono urgentemente. Il governo è pronto a dare il via libera, Bruxelles che fa? «La ratifica del Mes non può essere utilizzata come moneta di scambio per ottenere qualcosa su altri tavoli negoziali, come la riforma del patto di stabilità o sulla garanzia europea per i depositi bancari».

 

 

Quindi ricapitolando: il patto di stabilità con i suoi rigidi paletti (stupidi già prima figuriamoci adesso in tempi di post emergenza Covid e con i risvolti della guerra in Ucraina) non subirà grandi cambiamenti; il Mes va ratificato perché siamo gli unici a non averlo ancora fatto. Se siamo gli unici a non averlo fatto è perché, contro la riforma del meccanismo di stabilità, il Centrodestra - soprattutto Lega e Fratelli d’Italia - aveva fatto le barricate, trasformando la questione in un tema politico profondo. Ora, alle condizioni date, non so come il parlamento a maggioranza di Centrodestra possa affrontare la questione senza traumi e soprattutto dopo che la Commissione europea ha liquidato le istanze italiane con la solita arroganza del “prendere o lasciare”. Ho sentito dire anche che l’Italia, non ratificando il Mes, non consentirebbe a eventuali Paesi che lo volessero richiedere di poterlo fare. Innanzitutto va premesso che il principio dell’unanimità non è un capriccio italiano ma una regola europea antica e consolidata, pertanto nessuno sta forzando nulla. La vogliono cambiare (come sembra)?

Va bene, ma l’Italia non sta forzando alcunché. In seconda battuta, mi sembra quantomeno bizzarro sostenere che se uno Stato dell’eurozona avesse bisogno di un prestito, l’Europa non avrebbe altre leve finanziarie disponibili. Se così fosse allora significherebbe che la tanto strombazzata Europa non è nulla. E qui chiudo citando l’interessante libro La pace è finita di Lucio Caracciolo: «Il filone dell’europeismo che da Monnet -Schumann ispira le architetture dell’eurocrazia brussellese è compensazione della retrocessione delle potenze europee da dominanti a suffraganee dell’egemone a stelle e strisce. Fino al 1914 l’Europa era il mondo. Ora ne è il resto. (...) Il principio europeistico di irrealtà stenta a mascherare la tragica condizione geopolitica in cui noi europei ci troviamo. Siamo fuori gioco. Oggetto di giochi altrui». Insomma l’Europa è un bluff che stiamo pagando a caro prezzo. 

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