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Luigi Di Maio, Lega all'attacco: "Cosa sta facendo l'inviato Ue nel Golfo?"

Carlo Nicolato
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Con la solita eleganza ingessata da manichino Upim qualche giorno fa Di Maio ha incontrato a Teheran il ministro degli Esteri iraniano Amir-Abdollahian. In uno dei suoi soliti tweet autoagiografici Giggino ha ricordato che una «sicurezza regionale sostenibile necessita del coinvolgimento di tutti gli attori rilevanti» e lui ovviamente, in quanto «rappresentante speciale Ue per la regione del Golfo», rientra nell’illustre novero. Di mezzo pare ci fosse la vicenda di Johan Floderus, cittadino svedese che lavora per l’Ue, detenuto in Iran da oltre 500 giorni senza che si sappiano i reali motivi. Ieri Josep Borrell, principale sponsor di Di Maio in Europa, ci ha fatto sapere che il viaggio in Iran è stato un successo, che il suo protetto e sottoposto è riuscito ad ottenere una visita consolare con il detenuto. «Vi sembra poco?», ha domandato alla stampa l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri, «a volte un lavoro discreto vale più di 70 discorsi di un minuto, e lo dico col massimo rispetto».

LAVORI DISCRETI
Ecco Di Maio è dunque l’uomo dei lavori discreti, un diplomatico miracolato che si crede Kissinger, promosso ad ariete delle missioni impossibili e di quelle inutili. In quanto tale al nostro ex ministro degli Esteri è appunto toccato incontrare Amir-Abdollahian considerato in patria il “Qassem Suleimani nel campo della diplomazia”. Ben noto sostenitore dell’“Asse della Resistenza”, lo schieramento di politici e gruppi militari, come Hamas, Hezbollah, al-Hashd al-Shaabi in Iraq, gli Houthi dello Yemen e altri che l’Iran sostiene in tutta la regione, Amir-Abdollahian è un sorta di protettore politico dei terroristi di mezzo Medio Oriente cui anche i diplomatici più esperti come Kissinger dovrebbero stare a una certa distanza.

 

 

 

Di Maio no, ma non gliene facciamo una colpa, probabilmente manco sapeva chi fosse. Sulla vicenda Paolo Borchia della Lega ha presentato un’interrogazione al Parlamento Europeo, chiede insomma se fosse davvero opportuno tale incontro così come peraltro aveva chiesto, in un’altra interrogazione presentata lo scorso aprile, se lo stesso Di Maio fosse davvero all’altezza del compito che gli sarebbe stato assegnato.

 

 

 

«I suoi ampi contatti con i Paesi del Golfo gli permetteranno di impegnarsi con gli attori rilevanti al livello appropriato» aveva di fatto risposto Borrell lasciando un po’ a bocca a aperta gli astanti che si chiedevano di quali ampi contatti parlasse. La Lega appunto vorrebbe anche sapere quali siano state finora le attività tanto preziose del rappresentante Di Maio, quali i risultati che giustifichino quei 12 mila euro al mese che gli spettano. Di questi mesi da rappresentante per la verità bene o male di cose ne abbiamo viste, è lui che sui social con grande considerazione di sé ci racconta delle sue formidabili gesta. Il primo gli è servito per accreditarsi a Bruxelles presso i vari diplomatici dei Paesi del Golfo, poi sono iniziati i viaggi in Arabia Saudita, in Bahrain, in Qatar, in Oman, negli Emirati. Missione: rafforzare i rapporti economici tra Ue e Paesi del Golfo e promuovere il dialogo interreligioso. Niente di meno.

 

 

 

STRETTE DI MANI
Grandi strette di mano, kandora a profusione, cravatte a pallini, principi, dignitari, diplomatici e commenti roboanti quanto corretti, e rigorosamente in inglese, a ogni post su Twitter: «Regional efforts on de-escalation and security» ti spara lì, «strategic partnership&framework to facilitate private investments», e poi ancora «the ongoing transformations in the region&the opportunities they open for regional stability&peace». A Riad incontra Mishaal Mohammad Al-Sulami, vice Speaker del Saudi Shura Council, l’assemblea consultiva saudita. Poi viene ricevuto da Sua Altezza Reale il Principe Turki al Faisal al Saud. Nel Bahrain incontra il ministro degli Esteri Khalid bin Ahmed bin Mohammed Al-Khalifa e visitando la moschea Al Fateh dice che «non dobbiamo permettere che i recenti atti di profanazione del Corano commessi da singoli provocatori incidano sulla nostra pacifica convivenza religiosa». Di trasformazione digitale, invece, parla col ministro all’Industria Abdulla bin Adel Fakhro. In Qatar va per musei, in Oman incontra il ministro Sayyid Badr Albusaidi e rimane impressionato dalla Grande Moschea del Sultano Qaboos. Insomma, un turista felice. Ma i risultati? 
 

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