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Mario Draghi, lo schiaffo della stampa estera: toh, è sparito...

Michele Zaccardi
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I contenuti del piano per rilanciare la competitività europea, anticipati martedì da Mario Draghi, hanno dato di nuovo fiato alla suggestione che vede l’ex premier ricoprire un incarico di primo piano negli organi dell’Unione. Che sia come presidente della Commissione, la poltrona più prestigiosa e soprattutto operativa nelle istituzioni comunitarie, o come presidente del Consiglio Ue, sta di fatto che il nome dell’ex governatore della Bce continua a circolare. Del resto, dopo la fine del suo mandato a Palazzo Chigi, Draghi non si è ritirato a vita privata, come pure aveva lasciato intendere in diverse occasioni. Pochi mesi dopo la caduta del suo governo, ha ricevuto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, l’incarico di stilare un rapporto sulla competitività del Vecchio Continente. Rapporto che contiene soprattutto proposte per rafforzare le capacità competitive delle imprese europee, ma che ha pure una forte valenza politica. Anche perché, al dunque, secondo Draghi l’unico modo per rafforzare la competitività e provare a vincere la sfida economico-militare con Cina e Stati Uniti, passa inevitabilmente per un «cambiamento radicale» dell’Europa. E cioè riforme istituzionali o cooperazioni rafforzate tra piccoli gruppi di Paesi. Insomma, agli osservatori italiani è sembrato proprio che il suo discorso fosse un vero e proprio programma politico, perché politiche sono le iniziative che, stando a quanto detto dall’ex premier, andrebbero messe in campo.

 

 

E poi c’è la tempistica. La scelta di ribadire l’urgenza di una maggiore integrazione a livello europeo a poche settimane da un voto che vede l’Unione alla disperata ricerca di leader forti e autorevoli ha contribuito inevitabilmente a rilanciare la figura di un Draghi che, svestiti i panni del tecnico, indossi quelli del politico, pronto a un ruolo di vertice a Bruxelles. Ma se l’ipotesi ha trovato ampio spazio sui giornali italiani, al punto che in diversi hanno dedicato a Draghi il titolo di apertura, sulla stampa estera la notizia del “ritorno” sulla scena pubblica dell’ex premier è stata (quasi) ignorata. Perlomeno, non ha trovato posto nelle prime pagine. Il confronto, in effetti, è stridente. E basta una breve carrellata delle prime pagine di martedì per accorgersene. Il Corriere della Sera ha aperto sulla crisi tra Iran e Israele, ma ha comunque riportato in prima la notizia dell’intervento di Draghi dal palco di La Hulpe, cittadina vicino a Bruxelles, in occasione della Conferenza dedicata ai diritti sociali convocata dalla presidenza di turno belga. Repubblica invece ha aperto il giornale proprio su questo, con il titolo cubitale «L’Europa secondo Draghi». Anche la lettura che della notizia ha dato La Stampa non è stata troppo diversa. «Draghi scende in campo. “L’Europa va cambiata”». Stesso titolo, ma senza la seconda parte, anche su Milano Finanza, mentre il Giornale ha scritto: «Draghi torna in campo».

 

 

E all’estero? Beh, nessuno dei maggiori quotidiani europei ha dato risalto alla notizia. Il francese Le Monde non ha messo una sola riga in prima pagina su Draghi, sebbene a lanciare per primo la sua candidatura alla guida della Commissione sia stato a dicembre il presidente Emmanuel Macron. Mentre Le Figaro ha riferito sì i contenuti del rapporto sulla competitività, ma senza citare né nel titolo né nelle prime righe dell’articolo riportate in prima pagina il nome di Draghi. Andando in Spagna, pure El Pais non ha riportato la notizia. Silenzio anche sulla stampa tedesca. I due maggiori quotidiani, il Die Welt e la Frankfurter Allgemeine Zeitung, non hanno riportato il nome di Draghi né la notizia del suo rapporto sulla competitività. Infine, neppure il Financial Times, che da quotidiano economico-finanziario è sempre molto attento alle questioni europee, ha dato spazio al rapporto dell’ex premier, ma si è limitato a richiamare in prima la due giorni del Consiglio europeo iniziato ieri e dedicato al rafforzamento dell’Unione dei mercati dei capitali. Insomma, all’estero il (presunto) ritorno in campo dell’ex premier italiano e l’ipotesi che sia lui a traghettare l’Europa tra i marasmi della doppia transizione, ecologica e digitale, e delle crisi geopolitiche in corso, non sembrano aver stuzzicato l’attenzione dei giornali.

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