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Women in Surgery e Women for Oncology: basta rattoppi al SSN, non sono i medici in pensione che ci salvano

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Abbiamo letto, non senza preoccupazione, la proposta dell’emendamento di cui all’art 96 bis del Bilancio di previsione dello stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, inerente le “Disposizioni in materia di collocamento d’ufficio a riposo per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale e docenti universitari in Medicina e Chirurgia” che propone di aumentare, su base volontaria,  l’età pensionabile dei medici ospedalieri ed universitari a 72 anni. Comprendiamo che questa proposta persegua l’obiettivo di sopperire alla cronica mancanza di medici in Italia operanti nel servizio pubblico.

La carenza di personale medico inserito in organico in pianta stabile deriva, tuttavia non solo dalla scarsa ed insufficiente pianificazione del reale fabbisogno negli ultimi vent’anni, sia a livello nazionale che regionale, ma anche dal continuo “dissanguamento” del servizio pubblico da parte degli stessi medici, esasperati da condizioni di lavoro pesanti, ulteriormente messi alla prova dalla pandemia, da stipendi inadeguati e non aggiornati, neppure lontanamente paragonabili a quelli dei colleghi di altri stati europei. Se a questo si aggiunge l’inizio dell’attività lavorativa in età non più giovane, e la mancanza di progressione di carriera in quasi tutti gli ambiti lavorativi, ci si rende conto della insoddisfazione crescente che ha ormai raggiunto livelli di guardia. Per tutti questi motivi, molti lasciano la professione, altri si trasferiscono all’estero, altri ancora abbandonano il ruolo pubblico per lavorare nel privato.

Riteniamo, pertanto, che questo eventuale provvedimento non risolva le rilevanti problematiche esistenti, ma rischia fortemente di acuirne ulteriori. Per citarne solo alcune: bloccherebbe nuovamente il fisiologico turn-over del personale medico, già estremamente carente nel nostro Paese, procrastinando l’assunzione di nuovi, giovani medici; impedirebbe per i prossimi anni progressioni di carriera nelle fasce di età compresa tra 40-50 anni e oltre, esasperando ulteriormente il senso di frustrazione in atto; penalizzerebbe ancora di più le donne medico che non sono adeguatamente rappresentate in posizione apicale nelle generazioni al di sotto dei 70 anni. Soprattutto, nel breve/medio periodo, non risolverebbe le criticità inerenti i turni di guardia notturna e festiva che affliggono tutte le strutture pubbliche, da cui la maggior parte dei settantenni sono esonerati. 

Pertanto, riconoscendo il momento di crisi, suggeriamo alcuni fondamentali correttivi alla proposta:

1) prevedere una attività che sia esclusiva nel Servizio Sanitario nazionale, imponendo limiti all’esercizio della libera professione svolta nelle strutture sanitarie pubbliche, data la motivazione “intrinseca” della proposta elaborata per gestire la crisi del personale medico nel SSN;

2) prevedere che i medici ultra-settantenni possano rimanere in servizio lasciando eventuali ruoli di direzione di struttura semplice o complessa (fatte salve le retribuzioni maturate), al fine di non precludere progressioni di carriera dei medici più giovani;

3) utilizzare la permanenza in ruolo anche allo scopo di concorrere all’abbattimento progressivo delle interminabili liste di attesa nel servizio pubblico, prevedendo una collocazione nell’ambito di strutture ambulatoriali relative alla disciplina di appartenenza, anche in sostituzione di ferie, assenze, permessi, ecc.

4) relativamente ai docenti di Medicina e Chirurgia prevedere che rimangano in servizio solo i docenti il cui SSD rischi la chiusura delle Scuole di Specializzazione per effettiva carenza di Docenti.

 

Ci auguriamo una profonda riflessione su un argomento tanto delicato come quello del funzionamento delle strutture ospedaliere in Italia, che non può essere gestito attraverso soluzioni provvisorie, temporanee ed inadeguate. C’è bisogno di inserire nuova linfa vitale con nuove assunzioni e, soprattutto, di incentivare e valorizzare le risorse già presenti nel servizio pubblico, per offrire le tanto attese risposte alle esigenze di salute dei cittadini-utenti e a tutela degli stessi.

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