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L'europarlamentare Gianna Gancia lancia un grido d'allarme all'Europa sulla crisi commerciale del Mar Rosso

“Né con Washington né con Mosca: per vincere la guerra economica multilaterale serve un'Europa più forte, libera e indipendente” - questo l'appello all'Unione Europea dell'Onorevole Gianna Gancia, europarlamentare del gruppo ID (Identità e Democrazia)

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La recente ondata di attacchi da parte dei ribelli Houthi dello Yemen, ha avuto un impatto significativo sulle rotte commerciali, con importanti compagnie come Maersk che hanno dirottato le navi per evitare l'aumento dei rischi nella regione.

A pagare uno dei prezzi più alti, in termini economici, sono i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come l’Italia. Lo stretto di Suez è da oltre cento anni una porta d'accesso fondamentale per il commercio Europa-Asia, da lì passa il 40% del nostro import- export marittimo per un totale di 154 miliardi di euro (analisi di SRM, Centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo pubblicata a fine dicembre). La decisione di importanti compagnie di navigazione di dirottare le proprie navi intorno al Capo di Buona Speranza in Africa, a causa degli attacchi Houthi nel Mar Rosso (23 dal 19 dicembre 2023), si traduce in un aumento di costi valutabile fino a un milione di dollari in più per viaggio.

“Costi che, inutile girarci attorno, ricadono sulle nostre tasche”, denuncia l’Onorevole Gianna Gancia, europarlamentare del gruppo ID (Identità e Democrazia), lanciando un appello all’Unione Europea, tramite una interrogazione alla Commissione Europea, affinché intervenga in modo unitario e con forza sulla crisi commerciale del Mar Rosso. 

“È questo un esempio concreto di come un conflitto che sembra lontano abbia conseguenze vicino a noi”, continua Gancia, che da Bruxelles ci spiega le conseguenze di quanto sta accadendo a livello internazionale. “Viaggiare attorno al Capo di Buona Speranza e non attraverso il Canale di Suez - roba folle, che ci porta indietro di più di 150 anni - può aggiungere circa 10 giorni ai tempi di viaggio. Significa aumenti vertiginosi delle tariffe per il trasporto, ad esempio delle mele del Piemonte - la mia Regione di provenienza. In ballo ci sono famiglie, aziende, posti di lavoro. Problemi che riguardano non solo noi italiani, ma noi europei tutti. Ecco perché dobbiamo muoverci uniti e compatti. In Libia, basti pensare, ci sono le forze militari di Turchia e Russia: ci rendiamo conto che stiamo cedendo ad altri player quello che dovrebbe essere per noi un interesse strategico come il Mediterraneo, situato tra l’Europa, il Nordafrica e l’Asia occidentale? Finiamola con le piccole beghe ideologiche che non portano a niente e concentriamo la nostra attenzione politica sulle vere questioni, quelle grosse, che toccano le tasche dei cittadini. Perché anche se noi non ci occupiamo di Europa, anche se non ci occupiamo di Mediterraneo, il mondo ormai è collegato e la politica internazionale si occupa di noi. È l’Europa il nostro potenziale più grande alleato, non Washington, né tanto meno Mosca”.

Questo ha un legame con la sua ultima campagna di comunicazione sugli autobus urbani di Torino con tanto di slogan: “Né con Washington né con Mosca”?

“Certo”, replica l’europarlamentare. “L'Europa deve essere una risorsa, non un ostacolo. Capito questo, quello di cui abbiamo bisogno è un'Europa più forte, libera e indipendente: un’Europa governata da politici eletti dai popoli e non dai burocrati. Ecco l’Europa unita che sogno, quella che mette insieme i popoli, quella con una voce estera unica, un’Europa libera con un
 
esercito comune e una difesa unica, in modo che la smettiamo di essere dipendenti tutte le volte dagli Stati Uniti e dalla Nato. Che non significa uscire dalla Nato, che è un ottimo strumento difensivo, ma riconoscere che la Nato era nata con le logiche della guerra fredda, che oggi in un mondo multilaterale sono più complesse. Abbiamo come Europa la forza di reggerci sulle nostre gambe. Ma per farlo, dobbiamo essere uniti. Significa superare i meccanismi di veto, per evitare di essere bloccati continuamente da piccoli ricatti, da tutta una serie di lacci e laccioli che ci sono adesso, che purtroppo lasciano l'Europa più in mano ai burocrati, che non ai rappresentanti dei cittadini. Ricordo, a questo proposito, che i burocrati sono forti quando la politica è debole”.

Non dimentichiamoci però che la gente, a volte, si sente lontano dalla politica che si fa a Bruxelles…

“Come ho detto prima: anche se tu non ti occupi di Europa, l’Europa si occupa di te”, risponde l’On. Gancia. “Altrimenti si lascia tutto in mano ai burocrati, questa è la conseguenza del populismo. E poi è troppo tardi per lamentarsi, perché ci sono conseguenze concrete sull’economia locale, sui posti di lavoro, sui costi per le famiglie”.

Tornando al suo slogan: “Né con Washington né con Mosca”, non è in contraddizione con quanto dice il suo partito e Salvini?

“La tradizione della Lega si fonda su questi concetti”, spiega l’europarlamentare. “In un’Europa più forte, un'Europa veramente federalista, che è sempre stata la linea portata avanti dalla Lega Nord da sempre: l’Europa dei popoli, l'Europa federale. Un’Europa più forte e non un’Europa dei burocrati. La mia, semplicemente, è una visione pragmatica e concreta, affinché le frasi non rimangano solo uno slogan, ma possano trovare
 
applicazione nella realtà. In questo senso ho fatto prima degli esempi concreti: il meccanismo dei veti, l'esercito unico, la difesa unica europea, una politica estera comune… una politica energetica unica per l’Europa. Non è ammissibile che l'energia abbia un costo in Francia e un altro in Italia: serve una politica energetica unica dell'Europa per garantire a tutti gli stati membri gli stessi prezzi e le stesse facilitazioni di approvvigionamento. Se l'Europa fosse indipendente a livello energetico, i singoli stati non sarebbero più ricattabili, come abbiamo imparato in prima persona, a caro prezzo, con il conflitto Russia-Ucraina. Non voglio fare allarmismo, ma se pensiamo che il peggio sia passato, quello che sta succedendo sul Mar Rosso non è certo un buon segnale. Come anticipato, il Canale di Suez non è solo un passaggio chiave per il commercio globale, ma anche un’importante rotta per le spedizioni di energia: vi transitano il 12% del petrolio e l'8% del gas naturale liquefatto (GNL). A livello regionale, una campagna prolungata degli Houthi contro il trasporto marittimo nel Mar Rosso metterebbe a serio rischio la sostenibilità delle esportazioni di petrolio e gas dai principali produttori regionali come Iraq, Libia e Algeria, che hanno un ricorso più limitato all'aumento delle esportazioni tramite oleodotti rispetto all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, limitando i guadagni di reddito nel breve termine durante un periodo di prezzi elevati degli idrocarburi”. I salassi di luce e gas… un film già visto da milioni di italiani da scongiurare oltre le nostra mura, grazie a un’Europa davvero unita, più forte, libera e finalmente indipendente.
 

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