Un solo colpo di pistola, esploso ad altezza d’uomo per cercare di sedare i tafferugli in corso nell’area di servizio. Un rischio che è costato la vita a un uomo che dormiva in auto, ignaro di quanto stesse accadendo attorno a lui. Un sottile filo rosso sangue separa le due visioni della vicenda: tra omicidio colposo e omicidio volontario con dolo eventuale. Questa è la tragedia di Gabriele Sandri, tifoso laziale ucciso l’11 novembre 2007, raggiunto da un colpo di pistola sparato da Luigi Spaccarotella, agente della polizia stradale che esplose il colpo dall’altra parte della carreggiata per sedare alcuni scontri tra tifosi di Lazio e Juventus in un’area di servizio della provincia di Arezzo. Quell’unico proiettile, però, colpì mortalmente Gabriele Sandri, che stava dormendo sul sedile posteriore di un’auto. Il programma “Psiche Criminale,” in onda sul canale 122 Fatti di Nera, è tornato ad occuparsi del caso.
“Si trattò indubbiamente di una vicenda allucinante – ha dichiarato l’avvocato Carlo Taormina, Ordinario di procedura penale – prendere una decisione del genere, ammesso che ci fossero stati dei tafferugli. Lui ha sempre dichiarato di aver sparato per colpire le ruote, dunque con un’altra intenzione, e che tutto sarebbe avvenuto per fatalità, colpendo un ragazzo che non c’entrava nulla. Ma ci sono altri problemi giuridici: l’omicidio volontario con dolo eventuale è al limite tra colpa e dolo e segnala la difficoltà di ricostruzione tecnico-giuridica del fatto, occupando una casella giuridica vicina alla colpa cosciente. C’è la volontà di sparare ritenendo di poter colpire un oggetto e si sbaglia, come il caso del lanciatore di coltelli. Sotto altri aspetti, è una vicenda inquietante e antipatica.”
L’11 novembre 2007 doveva essere una domenica come tante, ma si trasformò in una tragedia che scosse profondamente l’Italia. In quell’area di servizio dell’autostrada A1, Gabriele Sandri perse la vita per mano di Luigi Spaccarotella, agente della Polizia di Stato. I tafferugli attirarono la sua attenzione al punto da indurlo a sparare dalla corsia opposta dell’autostrada, ma uno dei colpi centrò Sandri al collo, mentre era sdraiato sul sedile posteriore di una Renault Mégane, uccidendolo. Il ragazzo dormiva e non aveva alcun legame con gli scontri. Nel 2009, Spaccarotella fu condannato a 6 anni di reclusione per omicidio colposo; l’anno seguente, la Corte d’Appello di Firenze trasformò il reato in omicidio volontario con dolo eventuale, aumentando la pena a 9 anni e 5 mesi. Una decisione poi confermata in Cassazione.
“In primo grado – ha spiegato Taormina – i giudici conclusero per una colpa cosciente, mentre in secondo grado è stato valutato il dolo eventuale, confermato dalla Cassazione. L’elemento che ha fatto passare da un’ipotesi all’altra è la differenziazione fondamentale che trova una sua operazione combinatoria che mette d’accordo tutti. Quello che ha contato è stata l’insensatezza dell’iniziativa intrapresa da Spaccarotella. In primo grado, il tribunale non si è lasciato influenzare dal prima e dopo il fatto. Ma è chiaro che, se l’agente si mette a 50 metri e spara, è difficilissimo colpire il bersaglio. Anche se avesse avuto ragione, aveva a disposizione mille modi diversi per risolvere la vicenda. Evidentemente si è sentito un Rambo: questo ha pagato. Non c’è ombra di dubbio che dalla ricostruzione si vada incontro al dolo eventuale, ma è impossibile non considerare che abbia sparato con la convinzione di non colpire. Il problema è l’accettazione del rischio, che non è volontà di uccidere, ma giuridicamente può portare al dolo eventuale. Tutto sta nella differenza tra realtà sociale e valutazione giuridica”.
Secondo il criminologo Emiliano Fabbri, “è stato imprudente impugnare un’arma per tentare di fermare delle persone a 50 metri di distanza, dove comunque transitano altre auto. Si correva il rischio di mettere in pericolo molte altre persone totalmente estranee ai fatti. Spaccarotella sembra aver impugnato l’arma a braccia tese dopo aver sparato un colpo in aria nella piazzola; l’analisi balistica ha stabilito che il proiettile è stato esploso in maniera imprecisa, colpendo poi Sandri. Ma le forze dell’ordine devono rispettare protocolli operativi di sicurezza, e questo caso non rientrava in quei protocolli. Non so se fosse il capopattuglia, che dunque coordina e dà ordini a tutti i presenti, ma non si può prendere una decisione avventata senza consultarsi con gli altri colleghi. La scelta è stata presa senza confrontarsi e senza rispetto dei protocolli operativi. Spaccarotella segue la vettura, corre ed esplode un colpo con le braccia tese, prendendo una decisione in modo autonomo. Anche se fosse stato il miglior tiratore scelto della Polizia di Stato, non si può sparare da quella distanza, visto che le esercitazioni in poligono di tiro si fanno dai 25-30 metri al massimo”.
Per l’avvocato penalista Riccardo Brigazzi, “c’erano elementi che avevano fatto propendere, in primo grado, per l’omicidio colposo: primo fra tutti, il fatto che Spaccarotella avesse ottenuto ottimi risultati alle esercitazioni di tiro. Questo lo avrebbe portato a pensare di essere così preciso da poter tentare di fermare quell’auto, un errore madornale che gli fece escludere la possibilità di colpire qualcuno, e non le ruote”. “Se effettivamente la macchina si stava muovendo dopo una rapina – aggiunge l’avvocato Nicola Guzzo – Spaccarotella avrebbe potuto chiamare una pattuglia, che sarebbe intervenuta prima della successiva area di servizio. Come si può pensare che a 50 metri si possa colpire una ruota? Non sei uno sceriffo e non è il Far West: andavano avvisati i colleghi sull’altra carreggiata. Lasciando da parte l’insensatezza del gesto, è impossibile non considerare che sparare a 50 metri comporti il concreto e possibile rischio di colpire qualcuno”.
La puntata sul caso Gabriele Sandri è disponibile sulla piattaforma Cusanomediaplay.it.