Pietro Abate: dazi, l'accordo è una tregua intelligente

martedì 5 agosto 2025
Pietro Abate: dazi, l'accordo è una tregua intelligente
2' di lettura

Sui dazi tra Stati Uniti ed Europa, l’accordo al 15% siglato da Ursula von der Leyen con Donald Trump non sarà un successo, ma è certamente una tregua intelligente.
I dazi restano negativi per definizione, questo è chiaro. Ma il tetto del 15% è una soglia che possiamo gestire. E poteva andare molto peggio: abbiamo evitato una guerra commerciale che avrebbe colpito duramente le nostre filiere, come abbiamo già discusso ampiamente negli ultimi mesi.
Per iniziare, un veloce esercizio aritmetico riformulando i dati dell’export nel primo trimestre 2025: il Lazio ha esportato beni verso gli USA per oltre 1,6 miliardi di euro. Con dazi al 15%, l’impatto stimato sarebbe di circa 242 milioni di euro, con effetti significativi sul farmaceutico (144 milioni) e sull’aerospaziale (41 milioni). Anche a Roma il quadro è rilevante: applicando la stessa percentuale sui 771 milioni di export, i dazi comporterebbero un impatto di oltre 115 milioni, con ricadute particolarmente forti sui comparti hi-tech e sull’agroalimentare.
L’aumento dei costi sarà un esercizio di equilibrio difficile, ma non insostenibile. Il made in Italy ha leve uniche: qualità, posizionamento, filiere capaci di adattarsi. E non siamo soli: il 15% colpisce tutti gli esportatori europei, mantenendo inalterata la competitività italiana.
I comparti più penalizzati – come aerospaziale e farmaceutico – rischiano un calo diretto di competitività. Ma in altri ambiti strategici – dalla meccanica di precisione al food, dalla cosmetica alla moda – il Made in Italy conserva ancora margini per assorbire il colpo, grazie a un posizionamento fondato più sul valore che sul prezzo.
Nel food, ad esempio, i prodotti italiani restano fortemente richiesti anche a prezzi più alti, perché associati a qualità, sicurezza alimentare e cultura. Nella moda e nella cosmetica, la forza del brand e l’immaginario evocato dal “Made in Italy” restano un vantaggio competitivo determinante. Anche nei macchinari e nei beni intermedi, l’eccellenza tecnologica delle imprese italiane ci consente spesso di restare in partita, nonostante i rincari.
Il vero nodo è la tenuta delle filiere e la capacità di restare attrattivi in un contesto più complesso. Qui entrano in gioco le scelte di politica industriale e commerciale. L’Italia può resistere all’impatto dei dazi se investe con decisione in logistica, innovazione, tracciabilità e comunicazione del brand-Paese.
Il messaggio è chiaro: questo non è un accordo perfetto, ma ha evitato il peggio. E soprattutto, apre uno spazio negoziale per lavorare su esenzioni, compensazioni e diversificazione dei mercati, dall’Asia all’America Latina.
La bilancia commerciale con gli USA è ancora a nostro favore: difenderla significa investire in competitività, innovazione e coesione di filiera.
In economia – e nella politica commerciale – vale sempre lo stesso principio: meglio un accordo cattivo che una guerra giusta.

di Pietro Abate, segretario generale della Camera di Commercio di Roma

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