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Matteo Renzi attacca le toghe al Senato? Prima l'indagine su presta, poi il padre al giudizio: solo un caso?

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Dalla "giustizia a orologeria" si passa direttamente alla "vendetta delle toghe". Non usa mezzi termini, il Giornale, per delineare la situazione di Matteo Renzi. Pochi giorni fa il leader di Italia Viva aveva denunciato apertamente le correnti nella magistratura italiana, intervenendo in Senato sulla Riforma Cartabia. "Appena parla - scrive il quotidiano diretto da Augusto Minzolini - rispunta l'indagine di Bankitalia sui fondi di Lucio Presta". E oggi peraltro suo padre, Tiziano Renzi, è stato rinviato a giudizio per traffico d'influenze nell'ambito della maxi-inchiesta Consip. Due indizi che, secondo i più maliziosi, farebbero una prova.

 

 

 

 

 

"Sarà sospetta l'operazione, ma pure la tempistica non scherza", scriveva Massimo Malpica sul Giornale. ricapitolando la vicenda dell'inchiesta su Renzi e il manager televisivo Presta, indagato per finanziamento illecito e false fatturazioni in relazione al compenso percepito per il documentario dell'ex sindaco Firenze secondo me. Quei bonifici, secondo gli inquirenti, sarebbero in realtà un finanziamento occulto e illecito all'attività politica di Renzi. 

 

 

 

 

 

 

A far saltare la mosca al naso al Giornale è il fatto che si sia tornati a parlare di quella vicenda, che risale all'estate, quattro giorni dopo il duro discorso a Palazzo Madama del leader di IV. In aula, Renzi aveva sottolineato di aver preso "due avvisi di garanzia" subito dopo aver detto che "c'era una procura che stava oltrepassando i limiti dell'azione giudiziaria". E la rappresaglia dei magistrati e del mondo che gravita intorno alle Procure, anche mediatico, non si sarebbe fatta attendere, è la tesi del Giornale

 

 

 

 



"Il problema non è la separazione delle carriere - aveva tuonato in Senato Renzi -, bensì lo strapotere vergognoso delle correnti della magistratura. Devi fare carriera se sei bravo non se sei iscritto ad una corrente. Per anni noi abbiamo acconsentito non a singoli magistrati, ma alla subalternità della politica di far decidere a un pm chi poteva fare politica e chi no perché si è consentito che l’avviso di garanzia fosse una condanna". E il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi, da anni "vittima designata" per molti giornali vicinissimi alla magistratura come il Fatto quotidiano, sembra essere un'altra pagina da aggiungere al dossier.

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