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Omicidio Nada Cella, Vittorio Feltri: "Giustizia impossibile dopo 25 anni di errori"

Vittorio Feltri
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Probabilmente certi fatti possono accadere soltanto in Italia, la cui giustizia riesce a volte a rendersi ridicola, svolgendo indagini con i piedi. Riassumo un episodio che negli ultimi giorni la stampa sta trattando come fosse una cosa normale. Venticinque anni orsono una ragazza, Nada Cella, di Chiavari, impiegata di un commercialista, venne uccisa per motivi sconosciuti. Scattarono gli esami che però nel giro di un anno non giunsero ad alcun risultato. La vicenda ufficialmente non fu archiviata, ma messa un po' da parte. Succede spesso che certi casi finiscano nel dimenticatoio. Ora, un quarto di secolo dopo, non so come e perché, sul ciclomotore di una insegnante a riposo, Annalucia Cecere, gli investigatori trovano tracce di sangue. E pensano che esse siano sgorgate dalle vene dell'assassinata.

 

 

 

Naturalmente nei prossimi giorni saranno eseguiti esami sulle gocce ormai secche in questione. Può darsi che tutto ciò possa risolvere il giallo, ma bisogna affidarsi agli accertamenti. Rimane lo stupore per come sono andate le cose. In venticinque anni c'era il tempo necessario credo per scoprire il motorino e vedere se esso celasse la chiave del delitto. Invece nessuno ha pensato di fare delle verifiche. Chissà perché sono trascorsi cinque lustri prima che a qualcuno venisse in mente di dare una occhiata al piccolo mezzo di locomozione, allo scopo di capire se nascondesse qualche elemento utile per risalire allo o alla omicida. Niente, né gli investigatori e neppure i magistrati si sono scomodati per andare a fondo. Perché tanta superficialità e tanta indolenza? Questo è il punto.

 

 

 

Come mai ci sono voluti venticinque anni prima che suonasse il campanello d'allarme? Non siamo in grado di dare una risposta seria, semplicemente constatiamo ancora il deficit della nostra macchina giudiziaria quando è chiaro che in certe circostanze servirebbe efficienza e prontezza. Tra l'altro ci domandiamo come farà questa inchiesta vecchia e sepolta dalla polvere ad arrivare in porto. Indubbiamente il sangue è identificabile anche se versato molto tempo fa, ma sarà difficile riuscire a costruire un castello accusatorio credibile e sufficiente per incastrare la professoressa indiziata in modo approssimativo. Immagino che un eventuale processo, a prescindere dall'esito, non fornirà prove sufficienti a sostenere una condanna così tardiva. Infine, mi chiedo perché l'insegnante abbia conservato il ciclomotore carico di indizi per oltre due decenni. Un mistero padre di ogni mistero. 

 

 

 

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