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Giustizia, flop totale per la Cartabia: così le correnti si riprendono il Csm

 Toghe

Paolo Ferrari
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Le correnti della magistratura si riprendono il Csm. Sembra uno scherzo ma è proprio così. A restituirle le chiavi di Palazzo dei Marescialli, la recente legge elettorale per la componente togata del Csm. Una norma che doveva premiare gli "indipendenti" ed invece è riuscita ad espellerli dalla stanza dei bottoni.  Ma non solo. La legge Cartabia è riuscita nell'impresa di far vincere la corrente con meno voti, consegnando le leve di comando per i prossimi 4 anni alla sinistra giudiziaria. Un esempio? Nei collegi per i giudici, Magistratura indipendente, la corrente conservatrice, prende 2115 voti ed elegge quattro consiglieri. Anche Area, il gruppo progressista, prende quattro consiglieri, però con solo 1319 voti. Tre seggi, invece, vanno ad Unicost, la corrente centrista, che si è fermata a 1193 voti.

 

 

KO IL GRUPPO DI DAVIGO - Esce di scena, dopo il trionfo del 2018, Autonomia&indipendenza, il gruppo fondato da Piercamillo Davigo: da cinque a zero consiglieri. Per i risultati definitivi bisognerà comunque attendere questa mattina, quando terminerà in Cassazione lo spoglio per i pm. Fra i candidati, Henry John Woodcock, l'unico magistrato di questa tornata elettorale noto al grande pubblico. «Avevo previsto che sarebbe finita così», il laconico commento di Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia alla Camera, da sempre critico sulla riforma Cartabia e pro sorteggio. Dello stesso avviso Antonio Leone, ex componente laico del Csm: «Questa riforma mi pare un flop. Ha penalizzato gli indipendenti e favorito le correnti più attrezzate. Ora manca solo il reintegro in servizio di Luca Palamara che del 'Sistema' correntizio, secondo la vulgata, è stato uno dei massimi esponenti».

Dopo il Palamaragate e lo scandalo delle nomine 'pilotate' a Palazzo dei Marescialli, l'intera classica politica del Paese era salita sulle barricate invocando una riforma che stroncasse questo malcostume imperante. Il primo a scendere in campo fu Alfonso Bonafede, il ministro della Giustizia del M5s, alias Fofò dj, il quale all'indomani della pubblicazione dei colloqui di Palamara, nell'estate 2019, si presentò in Parlamento annunciando che la riforma "anti correnti" era pronta. Il governo giallo-verde, dopo il Papete, andò però a casa, poi arrivò il Covid, e non si fece più nulla. Venne, allora, il turno della Guardasigilli Marta Cartabia. L'ex presidente della Consulta non si perse d'animo e nominò subito una Commissione per la riforma. Per non farsi mancare nulla, la ministra mise in pista anche una task force composta dalle migliori menti di via Arenula per scrivere una norma che tagliasse le unghie alle correnti.

 

 

MECCANISMO ELETTORALE - Bene, il risultato di 3 anni di discussioni serrate è stato quello di votare nei mesi scorsi una legge che ha consegnato il Csm alle correnti della magistratura su un piatto d'argento. Dei quasi 45 indipendenti che si sono presentati, infatti, solo il giudice veronese Andrea Mirenda è riuscito nell'impresa di essere eletto. In compenso è stato eletto il giudice napoletano Tullio Morello, appartenente ad Area, quello che aveva dato del "pezzo di m...." a Palamara, bollando la riforma Cartabia come una "riforma canaglia"..... auguri. I 20 togati eletti rimarranno adesso in stand by per almeno un paio di mesi. L'attuale consiglio, infatti, resterà in regime di prorogatio, proseguendo le attività. I dieci componenti laici che andranno a completare il Plenum, infatti, dovranno essere nominati dalle nuove camere, probabilmente a fine novembre. Secondo le indiscrezioni dell'ultima ora, tre posti spetteranno a Fratelli d'Italia e altri tre verranno divisi tra Forza Italia e Lega. I restanti quattro andranno a Pd, M5s e Terzo polo. Per la prima volta dopo decenni il vice presidente potrà non essere un piddino.

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