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Csm, FdI tenta il colpaccio: chi può "terremotare" il vertice delle toghe

Fausto Carioti
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Il Consiglio superiore della magistratura è finalmente completo: Felice Giuffrè, docente di diritto pubblico all’Università di Catania, candidato da Fratelli d’Italia, è il decimo membro “laico” dell’organo di governo delle toghe. Lo hanno eletto ieri, in seduta comune, senatori e deputati. Per il centrodestra, però, il difficile inizia adesso: nei prossimi giorni la nuova assemblea del Csm dovrà eleggere il proprio vicepresidente, ossia colui che a palazzo dei Marescialli occuperà il gradino subito sotto Sergio Mattarella. Dovrà essere scelto, così come disposto dalla Costituzione, «fra i componenti designati dal Parlamento», il che restringe la corsa a quei dieci non provenienti dalle file della magistratura. Chiunque sia il candidato del centrodestra (lo stesso Giuffrè è considerato tra i papabili), dovrà vedersela con il giurista Roberto Romboli, indicato dal Pd e forte, avverte chi lo conosce bene, «di legami trentennali con la magistratura associata»: dei venti consiglieri togati, quelli di sinistra voteranno per lui, e forse non solo loro. Sarà una partita dura, insomma.

 

 


Giuffrè è stato buttato nella mischia martedì, quando l’avvocato Giuseppe Valentino, ex parlamentare di An e del Pdl e sottosegretario nei governi di Berlusconi, è stato costretto a ritirare la candidatura, perché i Cinque Stelle e il Pd (il cui sostegno era necessario) si erano rifiutati di votarlo, dopo che il sito di Repubblica aveva pubblicato, a scrutinio iniziato, la notizia di un’indagine a suo carico, nata dalle “rivelazioni” di un pentito. Allora, Giuffrè non riuscì ad essere eletto; ce l’ha fatta ieri, ricevendo 420 voti. Più del quorum dei tre quinti dei parlamentari, pari a 364 schede, ma assai meno di quelli che, due giorni prima, avevano preso Romboli, votato da 531 parlamentari, e tutti gli altri eletti ad eccezione del renziano Ernesto Carbone. Segno che anche ieri, nel Pd e tra i Cinque Stelle, molti non hanno rispettato l’accordo raggiunto da maggioranza e opposizione per sostenere i reciproci candidati.

 

TEMPI STRETTI

Il passo successivo avverrà entro breve. L’obiettivo è eleggere il vicepresidente del Csm prima dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, prevista in Cassazione il 26 gennaio. Ed è qui che la situazione, per Fdi e i suoi alleati, si complica. Il centrodestra può contare infatti sulla maggioranza dei membri laici, avendone fatti eleggere sette su dieci: quattro indicati da Fdi, due dalla Lega e uno da Forza Italia. Ma tra i venti eletti dai magistrati il rapporto di forze è molto diverso: otto appartengono alle correnti di Area e di Magistratura democratica, schierate a sinistra, quattro alla corrente moderata di Unicost, sette a quella di Magistratura indipendente, più vicina al centrodestra, e uno solo è il vero “cane sciolto” non legato alle correnti. A questi occorre aggiungere i tre consiglieri di diritto: oltre al capo dello Stato, fanno parte del Csm il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Per un totale di trentatré membri.

 

 

 


Tirando le somme, e avvertendo che le logiche di appartenenza dei togati sono spesso meno rigide di quelle dei laici, il centrodestra può contare su quattordici voti, ai quali è molto probabile si aggiunga quello del renziano Ernesto Carbone, mentre l’area che può raggrupparsi attorno al candidato del Partito democratico parte da una base di dieci consiglieri. Nessuno, insomma, ha i diciassette voti che rappresentano la maggioranza dei membri di quell’assemblea, dove il presidente della repubblica non partecipa all’elezione del suo vice. Questo rende decisivo il gioco delle alleanze e fa diventare pesantissimi i voti dei quattro togati di Unicost e dell’unico vero indipendente di quel consesso, il giudice veronese Andrea Mirenda: chi avrà questi consiglieri dalla propria parte, sarà eletto vicepresidente del Csm. Detta in altro modo, a fare la differenza potrebbe essere il curriculum.
 

 

IL PESO DEI TITOLI

Quello che appare messo meglio sotto questo aspetto è il laico indicato dal Pd, il pisano Romboli, che è stato allievo di Alessandro Pizzorusso, ritenuto il “padre” dell’ordinamento giudiziario italiano. Nessun dubbio che il Pd intenda lanciarlo: anche Stefano Bonaccini ieri lo ha elogiato come «un nome di grandissima qualità». Qualche incognita c’è comunque sulla verifica dei suoi titoli, essendo Romboli, classe 1950, in pensione, e dunque non più professore ordinario (requisito necessario) in cattedra. Il centrodestra dovrà opporgli un nome forte. La Meloni è tentata all’idea di candidare una donna, che potrebbe essere l’avvocato romano Daniela Bianchini, piuttosto che la siciliana Rosanna Natoli, ambedue elette in quota Fdi. Altrimenti le indiscrezioni puntano su Giuffrè, dotato di un curriculum accademico di tutto rispetto. L’insediamento del nuovo Csm è previsto per martedì 24 al Quirinale, e nel giro di quarantott’ore la partita per l’elezione del vicepresidente dovrebbe chiudersi.

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