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Giustizia, il metodo golpista della sinistra contro la svolta

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Iuri Maria Prado
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È tecnicamente golpista il modo prescelto dalla sinistra per contrastare gli intendimenti di riforma della giustizia riaffermati l’altro giorno nel discorso parlamentare del Guardasigilli. Buoni o cattivi, infatti, quei propositi di cambiamento non dovrebbero essere abbandonati al tirassegno della magistratura: il quale, prima e oltre che colpire questa o quella specifica azione riformatrice, interferisce con l’esercizio dei poteri costituzionali delle assemblee legislative e del governo. Non il potere delle assemblee legislative a maggioranza di centrodestra: ma quel potere, e cioè il potere rappresentativo, punto e basta.

 


 

Non il potere del governo formato sull’esito delle ultime elezioni politiche: ma il potere di governo in quanto tale. E sono beni e prerogative cui dovrebbe tenere anche, forse soprattutto, l’opposizione: la quale invece non solo non vede nulla di male nella reazione giudiziaria, ma pure se ne compiace facendo mostra di credere che il veto minaccioso e inibitorio elevato dai ranghi togati sia segno di vitalità democratica.



 

È semmai l’opposto: è la illegittima costituzione della magistratura militante in una specie di contro-governo, con la pretesa menzognera e antidemocratica per cui l’interesse di quella corporazione coinciderebbe con l’interesse generale. E con il corollario che qualunque riforma sgradita a quel potere illegittimo sarebbe per ciò solo contraria alle ragioni della collettività. Se fosse una sinistra costituzionale, anziché questo rancoroso e pericoloso assemblaggio di istanze impazzite per la perdita del potere, l’opposizione difenderebbe il diritto della maggioranza e del governo di mettere mano alla giustizia bene o male, questo è un altro discorso - senza la prepotente sorveglianza della cupola giudiziaria.

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