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Giorgio Armani Operations, il Tribunale: "Ha agevolato il caporalato dei cinesi"

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Il gruppo di Giorgio Armani "non ha fatto nulla per impedire il caporalato". Lo scrive il Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, nel decreto di amministrazione giudiziaria nei confronti della società a cui viene contestata una "condotta agevolatrice" nello sfruttamento dei lavoratori che producono in subappalto capi di abbigliamento e accessori per i diversi brand del colosso della moda italiana. Una sentenza destinata a far rumore non solo nell'universo del lusso.

"E' fuor di dubbio che" la Giorgio Armani operations "non abbia mai effettivamente controllato la catena produttiva - si legge nel decreto -, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate e che sia rimasta inerte pur venendo a conoscenza dell'esternalizzazione di produzioni da parte delle società fornitrici, omettendo di assumere iniziative come la richiesta formale della verifica della filiera dei subappalti o di autorizzazione alla concessione dei subappalti". 

La Giorgio Armani operations spa, controllata dalla Giorgio Armani Spa, sarebbe stata "ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato".

Secondo i carabinieri, che hanno proceduto agli accertamenti a partire dal dicembre del 2023 in vari stabilimenti tra Milano e Bergamo (tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 29 lavoratori di cui 12 occupati in nero e anche 9 clandestini"), si è potuto accertare che "la casa di moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la progettazione, produzione e industrializzazione delle collezioni di moda e accessori", ossia la Giorgio Armani operations Spa appunto, "mediante un contratto di fornitura, l'intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi".

L'azienda fornitrice, però, "dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all'impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento". Un "sistema" che avrebbe permesso "di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo" l'opificio cinese "che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza 'in nero' e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie".

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