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Giovanni Toti, finanziamenti illeciti? Un'accusa montata dai quotidiani

 Giovanni Toti

Pietro Senaldi
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«Non ho mai dato finanziamenti illeciti. Non ho mai promesso...». A pagina 8 del verbale dell’interrogatorio di Roberto Spinelli (che pubblichiamo qui in pagina) si risolve il giallo del fine settimana, quando dalla Procura era trapelato che l’indagato aveva confessato dazioni illecite al governatore Toti. Apriti cielo, gli avvocati di Aldo Spinelli e figlio si erano precipitati a smentire con tanto di lettera e il procuratore capo, Nicola Piacente, non aveva sciolto le riserve, spiegando che avrebbe riascoltato il nastro. Al momento i magistrati non hanno ancora fornito alla difesa il supporto informatico per risentire la deposizione ma la carta che demolisce le ricostruzioni accusatorie fatte filtrare sabato scorso e scagiona il governatore è emersa lo stesso. Si capirà che tra dire di aver erogato denari illeciti o leciti passa la differenza tra un’ammissione di corruzione e la ricostruzione di un normale finanziamento ai partiti, ovverosia tra colpevolezza e innocenza. Nel frattempo, gli avvocati, con la loro lettera, erano comunque già riusciti a evitare che si scatenasse l’ennesima tempesta mediatica sul nulla.

L’inchiesta compie oggi due settimane di vita pubblica. All’inizio sembrava che la magistratura non cercasse i riflettori. Cinque stringate paginette di un comunicato stampa nelle quali si informava che Toti era accusato di corruzione per aver ricevuto 74mila euro di finanziamenti elettorali che gli inquirenti legano all’autorizzazione della proroga della concessione trentennale del terminal Rinfuse a Spinelli e all’interessamento per il cambio di destinazione di parte della spiaggia libera di Punta dell’Olmo, a Celle Ligure. In più, gli viene contestato il reato di corruzione elettorale, essendo sospettato di aver promesso favori alla comunità riesina in cambio di voti. Nel disporre gli arresti, il giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni, spiegava che, se lasciato in libertà, Toti avrebbe potuto perpetuare i supposti reati contestatigli; una decisione che è stata subito criticata in quanto, il partito del governatore non si candida per le Europee, la concessione è già stata assegnata e dipende dall’Autorità del Porto e non dalla Regione e non è mai stata aperta alcuna pratica per cambiare destinazione al lido.

 

 

Nel corso di queste due settimane di inchiesta, di nuovi indizi, perché quanto a prove stiamo da sempre a zero, a carico del grande indagato non ne sono emerse. Quanto alla corruzione elettorale dei riesini, non ci sono intercettazioni in cui Toti ha dichiarato cosa avrebbe dato loro in cambio al posto dei voti. Per la concessione, non risultano richieste economiche del presidente legate al suo interessamento, che è dovuto alla sua convinzione, ribadita più volte, di agire nell’interesse del porto e rientra nelle facoltà di un amministratore. Sulla spiaggia poi, non solo Spinelli ha dichiarato che «Toti non ha fatto nulla», ma non risultano atti del presidente per intervenire su una procedura che non ha mai visto neppure il primo passo.

Parallelamente al processo reale, che procede a rilento escutendo miriadi di testimoni con il sospetto che si tiri in lungo per far slittare l’interrogatorio del presidente e tenerlo agli arresti almeno fino alle Europee, per logorare lui e il centrodestra e indurlo a dimettersi, si sta però svolgendo un processo mediatico.

 

 

Ogni giorno dalle carte emerge un’accusa nuova verso l’indagato. Nessuna di queste si è tradotta in un capo di imputazione, ma messe tutte in fila costituiscono una raffica di fango in grado di distruggere la reputazione di chiunque.

DISCARICHE E DEPOSITI - È il 9 maggio e già l’inchiesta si allarga. C’è l’affare delle discariche: l’imprenditore Pietro Colucci ha finanziato 7-8 anni fa la lista di Toti con 195mila euro dichiarati. Al telefono con il capo di gabinetto del governatore, Matteo Cozzani, gli chiede un non meglio precisato interessamento per le due discariche che gestisce in provincia di Savona. Informato della cosa, Toti suggerisce: invitalo a cena con altri amministratori del Savonese e sistemiamo tutto. L’inchiesta sul finanziamento, partita anni fa, si è incanalata su un binario morto, ma vale titolo sui giornali a carico del governatore per la cena che non si è fatta e perché Colucci non avrebbe segnato l’esborso sui suoi libri contabili.

Altro finto scandalo, largamente enfatizzato però dalla stampa, è il trasferimento di un deposito chimico dal centro del porto, che ne risulta paralizzato, a una più funzionale area periferica, verso Sampierdarena. Lo spostamento è approvato in seconda lettura dal Comitato Tecnico Regionale ma i cittadini del quartiere limitrofo al luogo finale di destinazione fanno ricorso. Toti è accusato di pressioni, che però non risultano dalle migliaia di intercettazioni, per far cambiare opinione e di aver avallato il cambio di collocazione per fare un favore a Spinelli sulla base della seguente frase detta all’imprenditore: «Così si pacifica tutto, stanno bene pure loro e siamo tutti contenti».

 

 

LA CRESTA SUL MORANDI - Come poteva mancare un po’ di fango sulla ricostruzione del Ponte Morandi, il capolavoro della coppia Toti-Bucci, Regione e Comune?

Il 14 maggio, Repubblica e il Secolo XIX non hanno dubbi: ci sono 25 milioni avanzati dai lavori che la terribile coppia vorrebbe usare per il tombamento della calata Concenter, come vorrebbe Spinelli, in modo da far attraccare anche le navi di enormi dimensioni. Un’indiscrezione smentita con forza dal sindaco e che non è oggetto di indagine. Ma che è bastata a fare aprire i giornali con titoli del tipo: “Allarme corruzione”.

IMPRESE COLPEVOLI - L’allarme lo lancia il Corriere della Sera, al terzo giorno, quando spiega che i procuratori stanno passando al vaglio tutti i finanziatori di Toti, quasi sia questo il reato. Ma è il Secolo XIX a sganciare la bomba, sabato scorso: si configurerebbe l’ipotesi di corruzione per responsabilità oggettiva in capo a tutte le aziende che negli anni hanno finanziato il governatore se il loro statuto aziendale non prevede specificatamente la possibilità di dare contributi ai partiti. Neanche Travaglio se la sarebbe potuta inventare. Sempre in tema, il 10 maggio Repubblica annunciava un’indagine su due milioni di euro versati in sette anni a Toti e quattro giorni dopo il Domani apriva il giornale denunciando il triangolo di potere Toti-Bucci-Rixi, perla super somma incassata dal centrodestra. Anche qui, si attendono i capi di imputazione, per ora esistenti solo in versione giornalistica.

Per tenere alta la tensione su chi lavora e sabotare i 12 miliardi di lavori previsti che dovrebbero far decollare la Liguria, veniva poi la settimana scorsa data massima rilevanza all’Autorità nazionale anti-corruzione, che spiegava che «il 90% degli appalti diretti è a rischio inquinamento corruttivo». Come a dire: chi fa, delinque.

GLI INEFFABILI RIESINI - La comunità originaria della provincia di Caltanissetta, che fino a pochi anni fa votava in blocco Marta Vincenzi al Comune e Claudio Burlando in Regione, ricevendone ringraziamenti e attestati di stima per la sua imprescindibile valenza culturale, ora che ha spostato le preferenza sul centrodestra è diventata mafiosa per definizione. La deputata genovese Ilaria Cavo, ex assessore della giunta Toti e non indagata, dice ai magistrati di non aver preso parte a una cena elettorale con i fratelli Testa, i referenti della comunità, perché le avevano «fatto una cattiva impressione». Sui giornali, a reti unificate, viene riportato che la parlamentare avrebbe parlato di sospetti di mafia, cosa che non risulta dai verbali.

Ancora più comico il caso delle mascherine, raccontata come una truffa da un milione e 200mila euro. Due riesini parlano al telefono di una quantità di mascherine che vorrebbero piazzare e, intercettati, affermano: «Se arriviamo a Toti, facciamo briscola». Al presidente però non arriveranno mai, ma tanto basta.

 

 

CAPITOLO SANITÀ - Il 13 maggio è il giorno della sanità. Repubblica parla di un fascicolo aperto su presunti aiuti, «legittimi e trasparenti», si specifica da parte di quattro imprenditori della sanità. Non c’è nessuna accusa specifica, ma si precisa che Toti, per snellire le liste d’attesa post-Covid, aveva dirottato alcune visite presso strutture private, senza aggravio per i pazienti, come si fa in Lombardia. È passata una settimana e ancora si attende la seconda puntata. Contestualmente, veniva riportato che il governatore sarebbe stato sotto inchiesta anche per aver gonfiato, durante la pandemia, il numero degli anziani nella regione per sollecitare l’invio da Roma dei vaccini, che tardavano. Un’accusa che va verso l’archiviazione e che nulla c’entra con l’indagine principale.

UNA SANTA NELLA CITY - L’ultima perla riguarda la beatificazione di Ivana Semeraro, una broker, mestiere tradizionalmente di persone che non si fanno troppi scrupoli. La signora è responsabile per l’Italia del fondo Icon, nel quale Aldo Spinelli ha investito del denaro. L’imprenditore voleva finanziare Toti attraverso parte di quei soldi ma la manager gli spiega che sovvenzionare partiti è contrario alla politica aziendale, perché potrebbe dare luogo a interpretazioni maliziose. I giornali traducono titolando: “Soldi a Toti, è corruzione” e si producono in ritratti commoventi della signora, baluardo calvinista alla corruzione italica.

LE DIMISSIONI FANTASMA - Il tutto, naturalmente, condito con titoli che quotidianamente, fin dal primo giorno, quando il Fatto Quotidiano spiegava a tutta pagina che “Fratelli d’Italia hanno già mollato Toti”, annunciavano il passo indietro del governatore e la sua maggioranza che si sbriciolava. Oggi la Regione decapitata è alla terza riunione di giunta ed è determinata a tirare dritto. Quanto al governatore, sicuramente non si dimette prima dell’interrogatorio, che a questo punto sarà probabilmente a giugno; ma non è escluso che non lo faccia neppure dopo.

Ci fermiamo qui, tralasciando i balletti sulla diga foranea, solo per ragioni di spazio. 

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