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Giovanni Toti, fondi neri: asse pm-stampa, altra bufala contro il governatore

 Toti

Pietro Senaldi
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Giovanni Toti ha passato la giornata di ieri a lavorare con il suo avvocato, Stefano Savi, nella casa di Ameglia, dove è confinato agli arresti domiciliari da oltre due settimane. Quello di oggi, che inizierà alle 11 del mattino al Tribunale di Genova, si preannuncia un interrogatorio fiume. Durerà ore. Ci sono da chiedere chiarimenti su tre anni e mezzo di intercettazioni. I tre capi di imputazione originari - legati al voto della comunità dei riesini, alla concessione del terminal Rinfuse rilasciata dall’Autorità Portuale e non dalla Regione ad Aldo Spinelli e ai destini immutati della spiaggia di Punta dell’Olmo - hanno figliato sui giornali, dando luogo a un’esondazione di sospetti, binari morti, indagini parallele, accuse non provate. Il presidente della Regione è pronto a rispondere a tutto e spera di convincere la magistratura che siano venute meno le esigenze di custodia cautelare, se mai ci sono state. L’obiettivo è seminare per supportare l’istanza di scarcerazione, che l’avvocato potrebbe presentare a stretto giro di posta e mettere le basi per la cancellazione, o almeno un’attenuazione, della misura interdittiva, in modo da poter avere confronti politici con la sua maggioranza in Regione e con i partiti che la sostengono a Roma.

Tutti si aspettavano che l’interrogatorio sarebbe slittato a ridosso del voto europeo, per mantenere il governatore agli arresti a urne aperte. La Procura aveva fatto sapere di essere molto impegnata.Poi qualcosa è cambiato nella testa degli inquirenti, che hanno deciso di anticipare il confronto. Ci si interroga se sia una buona notizia, perché il presidente ha la possibilità di comunicare la sua ossessione dal giorno dell’arresto- prima o non invece una pessima, perché consente ai pm di giustificare meglio il mantenimento degli arresti, motivandolo con l’esigenza di portare avanti gli interrogatori. Toti confida nella propria eloquenza, nella propria lucidità e, naturalmente, nella propria innocenza, ma si tratta di far cambiare radicalmente idea agli accusatori, che hanno ritenuto di arrestarlo sulla base di presupposti giuridici che in tanti osservatori, della politica e del mondo del diritto, hanno contestato.

 

CONTI CORRENTI
Intanto, per non farsi mancare nulla, ieri magicamente sui giornali è spuntata una nuova accusa: fondi neri al presidente, che avrebbe distratto 55mila euro dal conto della fondazione a uno personale. Non è uno scoop ma un passaggio delle intercettazioni fin dal primo giorno, che la Guardia di Finanza ha registrato ma ritenuto poco rilevante e sul quale i pm non hanno costruito alcun castello accusatorio. Però, per qualche ora, sembrava essersi aperto un nuovo caso, benché nelle carte fosse scritto chiaramente che «Toti utilizzava abitualmente quel conto a lui intestato per scopi politici». In buona sostanza, la realtà è che, per un maggior ordine mentale e operativo, il presidente suddivideva su due Iban i fondi ricevuti a titolo di sostegno elettorale. Con il primo, intestato alla Fondazione, il governatore finanziava gli eventi con gli esborsi più importanti. Con il secondo egli pagava, o si faceva rimborsare, le spese spicciole, proprie e e dello staff, sostenute direttamente da lui solo per la politica: si tratta di movimenti di denaro fatti tutti mediante carta di credito o bonifico bancario, proprio perché ne rimanesse traccia, e che non sarebbero potuti essere fatti dall’Iban della Fondazione perché questa è una persona giuridica.

Se si indaga tra le cifre, si scopre che la scarsa simpatia delle toghe nei confronti del presidente ligure risale almeno al 2022. In quella data infatti il giudice di La Spezia lo ha condannato a versare 25mila euro, poi diventati 35mila tra bolli, imposte e spese varie, alla deputata renziana Raffaella Paita, moglie dell’ex presidente dell’Autorità del Porto, Luigi Merlo, a suo tempo indicato dal Pd, a titolo di risarcimento danni per diffamazione. Il governatore aveva ingaggiato una polemica su Facebook con l’onorevole dem, che lo aveva accusato di aver inaugurato anni prima un ospedale, il Felettino, che non era stato ancora ultimato. La reazione di Toti era stata sprezzante: aveva accusato i dem di usare la sanità come ufficio di collocamento e di aver appaltato all’editore dell’Unità la realizzazione dell’ospedale incriminato per far vincere le elezioni alla Paita. Accuse che prendevano spunto da articoli di giornale ma che facevano parte di un ragionamento politico e pertanto non erano state provate. Tanto è bastato però per una stangata rilevante. Viene da pensare che se il governatore querelasse per diffamazione tutti coloro che in questi giorni gli hanno attribuito reati non provati e trovasse un giudice che la pensa come quello che lo ha condannato a La Spezia, probabilmente diventerebbe milionario. Certo, i convenuti potrebbero sempre difendersi affermando di aver riportato quanto hanno trovato nelle intercettazioni uscite dalla Procura, che però a termini di legge una normativa voluta proprio da Andrea Orlando, per una storia di destini incrociati candidato in pectore della sinistra per la Regione Liguria - avrebbero dovuto rimanere riservate. E allora, chi pagherebbe a quel punto per le accuse a Toti, se si rivelassero false?

 

 

SÌ ALLE OPERE
Ma la vigilia è stata densa anche dal punto di vista politico, sul fronte romano ancora più che su quello ligure. Il vicepremier nonché ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che domani sarà a Genova per la posa del primo cassone della diga foranea, ha blindato politicamente la maggioranza ligure e dato una copertura politica alle grandi opere previste in Regione, dichiarando in un question time alla Camera che inchieste e magistrati vanno rispettati ma non si possono fermare i lavori, che vengono fatti per il bene dell’Italia. Il leader leghista ha difesola scelta di inviare dei commissari in Liguria, per verificare che tutto sia stato fatto secondo le regole e quindi i cantieri non si interrompano per irregolarità pregresse, ma ha fatto capire che l’indagine risalirà anche ai tempi precedenti al governo di Toti. Per quanto riguarda il centrodestra nel suo insieme, a Roma si confida chela giunta ligure possa continuare anche se Toti non sarà liberato. La volontà di andare avanti a Genova del sostituto del presidente, il leghista Alessandro Piana, e della squadra c’è tutta. La politica che conta non pare interessata a fermarli, come conferma il fatto che non siano neppure iniziati i lavori per individuare un eventuale candidato con cui sostituire il governatore, nel caso si dimettesse e determinasse con questa mossa le elezioni anticipate. Pare sicuro che Piana traguarderà l’estate. Dopo di che si vedrà quanto i magistrati terranno fuori gioco Toti, in attesa che si apra il processo. Non è un braccio di ferro, ma l’effetto inesorabile del tempo: più ne passa, meno il fermo è giustificabile; soprattutto per questo l’interrogatorio anticipato è una notizia buona solo a metà. 

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